L'aborto come tortura nell'Italia medievale/1: la testimonianza di Laura Fiore
pubblicato il 20 marzo 2014 alle ore 15:56
Napoli: La testimonianza agghiacciante di Laura Fiore: al quinto mese di gravidanza scopre di essere incinta di una bambina affetta da sindrome di Down. Troppo in là con gli anni (ne ha 39) , disoccupata, già madre di una bambina di dieci, come consentito dalla legge 194 decide di abortire. Si tratta dunque di un aborto terapeutico con espulsione del feto che avviene dopo regolare travaglio indotto farmacologicamente. Ma al II Policlinico di Napoli, quando cambia il turno, medici e personale sanitario obiettore di coscienza” omettono di assistere Laura come previsto dalla stessa legge 194. Inizia invece un percorso di maltrattamenti più simili a torture, comprese quelle psicologiche. Le viene lasciato il feto ancora in vita attaccato al cordone ombelicale. Solo dopo aver urlato Laura riceve assistenza. E benché non ci fosse alcuna possibilità di vita, i medici decidono per la rianimazione del feto che sopravvive ancora quattro giorni. Poi decidono di seppellirlo in un cimitero ed esercitano pressioni pesanti affinché i due genitori, ormai in stato di choc, lo riconoscano e gli diano nome e un cognome. Così Laura non ha esercitato la sua scelta: al posto suo ha deciso il personale sanitario, che l'ha messa in condizioni psicologiche gravissime facendo di tutto perché lei maturasse una “colpa”. Tre anni di psicanalisi per uscirne e un libro “Abortire tra gli obiettori” (Tempesta Editore) affinché la sua esperienza aiuti a far emergere quanto sta accadendo in Italia nell'indifferenza della politica o nell'accanimento (maschile in genere) contro la libertà delle donne consentita dalla Legge.Riprese e montaggio di Gaia Bozza
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