Aborto e contraccezione: tra cialtroni e superstizioni | L'aborto come tortura nell'Italia medievale/4
pubblicato il 3 aprile 2014 alle ore 12:43
La dottoressa Gabriella Pacini, Ostetrica volontaria dell'associazione Vita di Donna, spiega come in Italia si impedisca l'accesso alla contraccezione di emergenza, cioè la “pillola del giorno dopo” che eviterebbe una gravidanza indesiderata. Ma se una donna che da quel rapporto non protetto rimanesse incinta, e scegliesse per l' aborto volontario (entro il terzo mese, come previsto dalla legge 194: http://it.wikipedia.org/wiki/Legislazioni_sull'aborto#La_legge_194), l'accesso alla pillola Ru486 che invece facilita e evita situazioni traumatiche, viene impedito. La pillola abortiva Ru486 è distribuita regolarmente in tutti gli ospedali del mondo, in Italia invece la distribuzione negli ospedali – i governatori delle regioni che ne darebbero la possibilità - è impedita quasi totalmente. Una presa di posizione a favore della Ru486 viene solo qualche giorno fa, dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Solo l' Italia ha inoltre imposto un protocollo di assunzione della pillola con una degenza ospedaliera di tre giorni. Occupare un letto tre giorni, per un ospedale, è il vero deterrente per non distribuirla, oltre che un peso reale per la sanità pubblica.
Se si ha un rapporto a rischio di gravidanza (ad esempio si rompe un preservativo) la “pillola del giorno dopo non ha assolutamente nulla a che vedere con l'aborto: semplicemente sposta o inibisce l'ovulazione della donna e le impedisce di rimanere incinta. Anche su questa pillola però viene fatta “obiezione di coscienza”. Un miscuglio di superstizione e ignoranza fomentato da furbe politiche conniventi con le ali più involute della chiesa, sono il contesto culturale che continuano a rendere possibile una situazione di simile regressione per un paese membro dell'Unione Europea. Veicolo di questo stato di cose sono le attivissime associazioni Per la Vita che si mostrano in giro con colpevolizzanti cartelli con feti (peraltro fotografati a uno stadio in cui nessuno abortisce più).
La dottoressa Pacini solleva inoltre un dato decisamente allarmante ma che passa inosservato: “c'è da sperare che, se il rapporto a rischio è con una minore, questa possa parlarne tranquillamente con un adulto, perché altrimenti la sua esperienza può finire con un aborto”.
E nelle condizioni italiane, potrebbe essere molto probabilmente un aborto clandestino, con gravissime conseguenze per la sua salute.
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