Il genocidio di Srebrenica venticinque anni dopo
pubblicato il 12 luglio 2016 alle ore 10:00
L'11 luglio 1995 fu il giorno del massacro di Srebrenica. Il più grande massacro di musulmani di sempre. Un massacro che fu un genocidio.
Migliaia di persone furono uccise dalle truppe serbe guidate dal generale Ratko Mladić, con il silenzio e la complicità dei caschi blu olandesi dell'Onu.
Ventimila donne furono violentate durante la guerra in Bosnia, come ricorda la scrittrice Elvira Mujcic a inizio del video. La guerra in Bosnia si svolse tra l'aprile del 1992 e il dicembre del 1995.
A Srebrenica furono autori delle violenze sessuali anche i caschi blu dell'Onu, e a seguito all'esplosione del caso l'intero governo olandese si dimise, anche se nell'ex base sono ancora presenti i murales, terribili, disegnati dagli stessi caschi blu. E io sono andato a riprenderli.
Sono stato a Srebrenica per raccontarvi il massacro ventuno anni dopo. I colpi di cannone ancora sulle facciate delle case. Una città che era ricca prima della guerra e ora conta solo pochi arricchi dalla guerra.
La situazione economica di Srebrenica è pessima, ma qualche mente giovane, desiderosa di ristabilire un futuro per la città, c'è. Ad esempio Irvin Mujcic, già profugo di guerra in Italia, un ragazzo che parla quattro lingue (otto, se consideriamo anche le lingue dell'ex Jugoslavia) che ha lasciato un lavoro ben pagato a Bruxelles per costruire un futuro a Srebrenica, dove lo stipendio medio di un'insegnante è di 700 marchi (cioè 350 euro). E un boscaiolo
prende un marco all'ora, cioè cinquanta centesimi.
A Srebrenica, oggi, i rapporti fra bosniaci musulmani e serbi non sono scontati. Esistono situazioni di amicizia e collaborazione, come quelli che ho documentato.
Però non tutto è semplice, non tutto è chiarito. Esistono situazioni di solo silenzio e di esclusiva tolleranza. Sono passati ventuno anni dal massacro di Srebrenica, probabilmente non sono ancora abbastanza, soprattutto per il fiorire continuo dei nazionalismi nel Paese.
Questi viaggi, queste testimonianze, questi incontri, non sono possibili senza un'organizzazione preventiva. Qualcuno che di testa e di cuore si butti nell'avventura di costruzione delle relazioni. In questo caso la persona a cui devo dire grazie è lo storico Luca Bravi, incessante nella sua opera di spiegazione e di costruzione di quello che stavo vivendo durante il mio viaggio a Srebrenica.
Un grazie alle voci che mi hanno aiutato nella composizione del reportage. In particolare agli attori Pino Petruzzelli e Roberto Caccavo. E all'attrice Emanuela Agostini.
Un grazie alle donne e agli uomini di Srebrenica che ho incontrato, che hanno pianto, acceso fuochi, che mi hanno raccontato storie di vita e di morte.
Migliaia di persone furono uccise dalle truppe serbe guidate dal generale Ratko Mladić, con il silenzio e la complicità dei caschi blu olandesi dell'Onu.
Ventimila donne furono violentate durante la guerra in Bosnia, come ricorda la scrittrice Elvira Mujcic a inizio del video. La guerra in Bosnia si svolse tra l'aprile del 1992 e il dicembre del 1995.
A Srebrenica furono autori delle violenze sessuali anche i caschi blu dell'Onu, e a seguito all'esplosione del caso l'intero governo olandese si dimise, anche se nell'ex base sono ancora presenti i murales, terribili, disegnati dagli stessi caschi blu. E io sono andato a riprenderli.
Sono stato a Srebrenica per raccontarvi il massacro ventuno anni dopo. I colpi di cannone ancora sulle facciate delle case. Una città che era ricca prima della guerra e ora conta solo pochi arricchi dalla guerra.
La situazione economica di Srebrenica è pessima, ma qualche mente giovane, desiderosa di ristabilire un futuro per la città, c'è. Ad esempio Irvin Mujcic, già profugo di guerra in Italia, un ragazzo che parla quattro lingue (otto, se consideriamo anche le lingue dell'ex Jugoslavia) che ha lasciato un lavoro ben pagato a Bruxelles per costruire un futuro a Srebrenica, dove lo stipendio medio di un'insegnante è di 700 marchi (cioè 350 euro). E un boscaiolo
prende un marco all'ora, cioè cinquanta centesimi.
A Srebrenica, oggi, i rapporti fra bosniaci musulmani e serbi non sono scontati. Esistono situazioni di amicizia e collaborazione, come quelli che ho documentato.
Però non tutto è semplice, non tutto è chiarito. Esistono situazioni di solo silenzio e di esclusiva tolleranza. Sono passati ventuno anni dal massacro di Srebrenica, probabilmente non sono ancora abbastanza, soprattutto per il fiorire continuo dei nazionalismi nel Paese.
Questi viaggi, queste testimonianze, questi incontri, non sono possibili senza un'organizzazione preventiva. Qualcuno che di testa e di cuore si butti nell'avventura di costruzione delle relazioni. In questo caso la persona a cui devo dire grazie è lo storico Luca Bravi, incessante nella sua opera di spiegazione e di costruzione di quello che stavo vivendo durante il mio viaggio a Srebrenica.
Un grazie alle voci che mi hanno aiutato nella composizione del reportage. In particolare agli attori Pino Petruzzelli e Roberto Caccavo. E all'attrice Emanuela Agostini.
Un grazie alle donne e agli uomini di Srebrenica che ho incontrato, che hanno pianto, acceso fuochi, che mi hanno raccontato storie di vita e di morte.
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