Marcello, ucciso dopo l'aggressione al vicequestore. Il padre: "Non doveva uscire dall'Opg"
pubblicato il 12 giugno 2016 alle ore 18:33
Marcello Esposito è stato colpito con due colpi di pistola alle gambe dopo aver cercato di aggredire il vicequestore di San Giorgio a Cremano lo scorso venerdì. Il ragazzo di 33 anni era finito in gravi condizioni all'ospedale Loreto Mare dove è morto nella notte di domenica. Marcello soffriva da anni di problemi psichici, tanto da essere stato ricoverato per lungo tempo in diversi Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg). Un anno fa, a seguito della chiusura di queste strutture, era stato dimesso dopo il suo fine pena e affidato alle esclusive cure dei familiari. Un vero incubo denunciato dal padre, Osvaldo Esposito, che non trattiene le lacrime davanti alle telecamere di Fanpage.it: "Non si uccide così una persona che ha problemi psichici". Le perizie sulla condizione psicologica di Marcello consigliavano il ricovero nelle nuove REMS, strutture di cura che dovrebbero sostituire gli Opg, dove i pazienti reclusi vivono in condizioni disumane come denunciato dalla Commissione Parlamentare presieduta dall'allora senatore Ignazio Marino nel 2011. Purtroppo, per oltre un anno la responsabilità di gestire Marcello -un ragazzo con gravi problemi che necessitavano un'assistenza costante- è ricaduta sulle sole spalle dei familiari. Venerdì il tragico epilogo, quando a seguito di una lite con un passante, Marcello è stato raggiunto dalle volanti della Polizia. Secondo la ricostruzione fornita agli inquirenti, il ragazzo avrebbe cercato di colpire con un coltello il vicequestore e sarebbe stato fermato da un ufficiale con due colpi di pistola alle gambe. "Marcello è stato ucciso due volte- sottolinea l'avvocato Carmine Gragnaniello incaricato dai famigliari di seguire il caso- la prima perché è stato dimesso dall'Opg e lasciato a se stesso. La seconda, con due colpi di pistola in quello che noi sosteniamo essere un eccesso colposo di legittima difesa". Luigi Mazzotta dei Radicali per la Grande Napoli, che sta seguendo da vicino l'evoluzione dei fatti, ricorda che: "Purtroppo, a Napoli e in provincia ci sono tantissime famiglie in cui i sofferenti psichici non possono essere seguiti e sono abbadonati dalle istituzioni a se stessi".
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