Città della Scienza, un anno dopo nessuna verità
pubblicato il 3 marzo 2014 alle ore 22:57
Era la sera del quattro marzo 2013 quando, poco dopo l'orario di chiusura, le fiamme hanno raso al suolo il science center di Città della Scienza. Ad un anno dal rogo, sono ben poche le certezze nelle indagini, mentre ci si appresta a firmare un accordo di programma per la ricostruzione del polo scientifico. Quindici minuti sono bastati per distruggere dodicimila metri quadrati di quello che era uno dei fiori all'occhiello della città di Napoli nel mondo e su cui le indagini non sono riuscite ancora a fare chiarezza. Dalle ricostruzioni della procura, si evince che l'incendio viene appiccato lunedì sera, poco dopo la fine di uno spettacolo teatrale per una scolaresca. L'area è deserta e sembra che nessuno abbia visto nulla. In circa quindici minuti vengono distrutti dalle fiamme dodicimila metri quadrati, l'intero museo di Città della Scienza. L'allarme viene lanciato da un pescatore, che era uscito in barca approfittando della luce della luna piena che illumina a giorno l'area.
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L'ipotesi più seguita dalla procura di Napoli è quella della cosiddetta pista interna. Sotto esame, la polizia assicurativa stipulata da Città della Scienza quattro anni prima contro gli incendi. I custodi in servizio quella notte sono stati ascoltati dagli inquirenti diverse volte, sarebbero emerse discrepanze di orari nelle loro ricostruzioni. In particolare, sembra che il primo allarme sia stato lanciato da un pescatore e non dai guardiani del polo scientifico.
Il movente dietro l'incendio, in questo caso, sarebbe da ricercarsi nelle difficoltà finanziarie di città della scienza e nei ritardi nel pagamento degli stipendi dei dipendenti del polo, finiti poi in cassa integrazione.
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Le indagini vengono affidate fin da subito alla direzione distrettuale antimafia di Napoli e condotte dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo e dai pm Del Prete e Teresi. Non a caso, la prima pista seguita è quella dell'intimidazione da parte della camorra. Lo stesso sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, giunto di notte sul luogo dell'incendio afferma che c'è la mano della criminalità organizzata. Il clan D'Ausilio ha cercato diverse volte di inserirsi negli appalti per la riqualificazione dell'area industriale di Bagnoli, ma alcuni collaboratori di giustizia avrebbero smentito l'interesse della camorra per Città della Scienza.
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Esattamente un anno dopo l'incendio, il 4 marzo 2014 verrà firmato un accordo di programma tra Stato, Regione Campania e Città della Scienza per la ricostruzione del science center. Il polo musueale non ha mai cessato le attività nel corso di questi mesi e nel 2015 è prevista l'apertura di "Corporea", una grande area espositiva su cui la fondazione Idis punta molto, ma bloccata per lungo tempo dai limiti imposti dal patto di stabilità regionale. Sembrano essere appianate anche le contrapposizioni tra la Regione Campania e Città della Scienza riguardanti i mancati trasferimenti di fondi al polo museale che avevano portato il presidente Silvestrini a minacciare addirittura la chiusura.
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Non si placano, invece, le polemiche sulla ricostruzione di Città della Scienza sulla costa di Bagnoli. I comitati cittadini, l'Assise di Bagnoli ed il movimento "Una spiaggia per tutti" chiedono il rispetto del piano regolatore siglato in epoca bassoliniana dall'urbanista Vezio De Lucia, che prevede l'arretramento del polo scientifico all'interno dell'area ex-Italsider e la liberazione della linea di costa per l'apertura di una spiaggia pubblica lunga due chilometri.
Nell'accordo di programma vengono trovati anche i fondi per la bonifica dei suoli su cui sorge Città della Scienza. Infatti, il polo si trova ai margini dell'area ex-Italsider su cui gravano diverse indagini per l'inquinamento dei terreni e per le mancate bonifiche che avrebbero aggravato lo stato dei luoghi.
Città della Scienza resta l'unico polo attivo nel deserto industriale di Bagnoli, dove finanche la società partecita che avrebbe dovuto realizzare la bonifica e la dismissione dei suoli dell'ex-Italsider -la Bagnoli Futura- è finita in liquidazione per l'accumulo enorme di debiti a fronte di nessun risultato raggiunto.
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