"Io, malato di sclerosi multipla, licenziato perché ho fatto troppe assenze per curarmi"
pubblicato il 13 ottobre 2018 alle ore 11:18
«Non soltanto l’essermi ammalato di sclerosi multipla, ma anche il licenziamento. È chiaro che mi sento declassato come persona, come essere umano, mi sento come escluso dalla società». Cesare Votta, 52 anni di Catanzaro da qualche settimana ha scoperto, quasi per caso, di essere stato licenziato dalla Sieco, l’azienda che gestisce la raccolta rifiuti per conto del Comune.
Costretto a spostarsi a Brescia perché «in Calabria non ho trovato le cure necessarie», Votta si assenta da lavoro perché nel 2014 gli viene diagnostica la sclerosi multipla. Una doccia fredda che non gli fa perdere però il suo senso dell’umorismo e la sua ironia, fino a quando però, pronto per partire per la città lombarda, si accorge di non aver ricevuto l’ultimo stipendio.
Dopo la richiesta di spiegazioni, dalla Sieco lo informano che è stato licenziato.«Ma la lettera di licenziamento l’hanno mandata all’indirizzo dove ho la residenza, ma io il domicilio ce l’ho in questa casa. Mi è sembrato molto strano perché tutte le altre comunicazioni di sospensione io le ho ricevute regolarmente qui», aggiunge Votta.
«L’ho interpretato come un tentativo dell’azienda di farmi fuori». La lettera di licenziamento parla chiaro, il dipendente ha superato il periodo di comporto, ovvero il lasso di tempo nel quale, in caso di assenza per malattia, il dipendente ha il diritto a conservare il posto di lavoro: 922 giorni di assenza dal 2015 al 2018 contro i 600 previsti dalla legge in caso di patologie.
«Da un punto di vista giuridico- spiega l’avvocato di Votta, Biagio Vavalà- non è che la società si può permettere di tenere un lavoratore che non lavora, non è un ente previdenziale, ma quello che noi contestiamo sono le modalità con cui è avvenuto questo licenziamento, ci sono dei profili di illegittimità che discuteremo nelle sedi opportune».
Secondo Vavalà: «l’azienda non si è sforzata più di tanto a trovare una collocazione adeguata alla malattia del mio cliente, hanno provveduto unilateralmente a rimansionare il lavoratore da autista che era il profilo per il quale era stato assunto a operatore ecologico».
Una mansione impossibile da svolgere per una persona che non riesce a reggersi in piedi.
«Io non chiedo soldi, ci mancherebbe altro, chiedo se è possibile di avere un lavoro adeguato alle mie mansioni e possibilità. Ci sono tanti lavori d’ufficio che potrei svolgere, al numero verde, al call center», dice Votta.
E un ultimo appello: «Ho 52 anni, la sclerosi multipla, una moglie e due figli, dove vado a cercare un altro lavoro?».
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