Le pressioni di Ats agli imprenditori che fanno test sierologici ai dipendenti: "Toni mafiosi"
pubblicato il 12 maggio 2020 alle ore 07:31
Update 14 maggio 2020: inserita replica di Ats Milano
Il dottor Paolo Collivadino è un libero professionista che da un mese a questa parte si è messo a disposizione delle aziende per effettuare i test sierologici ai dipendenti che hanno continuato a lavorare o che dal 4 maggio sono rientrati al lavoro. L'agenzia della tutela della salute di Milano, che dipende da Regione Lombardia, però non ha preso bene questa iniziativa imponendo per mesi, prima di fare un passo indietro, che l'unico test sierologico fosse quello sviluppato dalla multinazionale Diasorin con l'Università di Pavia. "In regione Lombardia - spiega il dottor Collivadino - si è sempre remato contro questi test sierologici, perché si puntava molto sul famoso test sierologico del San Matteo di Pavia, che forse da un punto di vista politico, istituzionale era anche bello pensare che un test italiano fosse migliore dei test cinesi o di altre nazioni, però abbiamo perso tempo, regione Lombardia ha bloccato la possibilità di testare molte persone". "Il 22 di aprile - ci racconta invece Paolo Ferraresi, il primo imprenditore a svolgere questi test per i suoi dipendenti - mi telefono un dottore dell'Ats, volevano fermare il test: 'Ma perché li fate? Sapete che state violando la statuto dei lavoratori?' Il tono non era minaccioso, era mafioso".
La replica di Ats Milano
Gentile Direttore,
Nel vostro articolo/filmato "Imprenditore: "Toni mafiosi da ATS Milano per impedirmi di fare test sierologici ai miei dipendenti" si lascia intendere che ATS avrebbe, in solido con la Regione Lombardia, attuato un disegno criminoso consistente in telefonate dai toni mafiosi volte a scoraggiare l'esecuzione dei test immunologici rapidi da parte degli imprenditori clienti del dr Collivadino al fine di favorire l'utilizzo del test sierologico sviluppato al San Matteo di Pavia.
ATS, dopo una verifica interna, esclude nel modo più categorico che propri dipendenti abbiano usato toni mafiosi o anche solo minacciosi con qualsiasi persona dell'azienda. Si conferma invece di aver contattato il medico competente esprimendo le perplessità, che di seguito vengono approfondite, circa l'utilità e validità di test sierologici rapidi ai fini della ripresa dell'attività lavorativa.
Veniamo quindi al punto: nell'articolo/filmato si parla in modo generico di test sierologici senza precisare che ci sono vari tipi di test. I test utilizzati dal dr. Collivadino non sono i test per la titolazione del titolo anticorpale ma test rapidi sulla cui inaffidabilità si sono espresse tutte le istituzioni sanitarie nazionali e internazionali. Tali test producono solo risultati qualitativi (presenza/assenza di anticorpi), non sono sottoposti a validazione di qualità da parte di enti regolatori e il loro utilizzo per finalità diagnostiche è attualmente sconsigliato dall'OMS che ha sottolineato che le false positività e false negatività prodotte da questi test comportano "gravi conseguenze che possono influenzare le misure di prevenzione e controllo dell'infezione".
Le attuali conoscenze sulla risposta immunitaria al virus Covid19 sono, purtroppo, ancora molto lacunose.
In particolare gli strumenti diagnostici messi a punto in questo campo finora, pur consentendo la titolazione degli anticorpi prodotti in risposta all'infezione virale, non consentono di stabilire né lo stato di contagiosità dei soggetti che presentano gli anticorpi né il grado di protezione acquisito da questi soggetti nei confronti del virus. Ne consegue che l'utilizzo di questi test risulta, al momento, limitato a finalità di ricerca o di studio epidemiologico (ad esempio lo studio nazionale che fotograferà il diverso grado di diffusione dell'infezione nella popolazione italiana).
La proposta di sottoporre a test sierologico (con test di titolazione anticorpale) l'intera popolazione lavorativa di un'azienda fornisce informazioni certe solo sulla presenza di soggetti a rischio di contrarre l'infezione (i negativi al test), mentre non garantisce che le persone positive al test abbiamo sviluppato condizioni di protezione che consentono loro di lavorare in sicurezza e di non osservare le norme generali del distanziamento sociale e dell'uso dei dispositivi di protezione. Al contrario i soggetti positivi al test, potrebbero essere contagiosi e dovrebbero quindi essere posti in isolamento. Se poi lo screening viene realizzato esclusivamente con metodi diagnostici non validati (i test rapidi) che producono sia falsi negativi e che falsi positivi, i risultati non sono prevedibili e le conseguenze sicuramente negative.
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