Traghetto naufragato in Corea del Sud, la rabbia dei parenti
pubblicato il 21 aprile 2014 alle ore 10:38
Con oltre 200 dispersi ancora in mare, il naufragio del traghetto affondato in mare al largo delle coste della Sudcorea il 16 aprile si annuncia una tragedia di proporzioni enormi. La lentezza dei soccorsi, in difficoltà per la forza del mare e la scarsa visibilità, contribuisce a far aumentare l'ira dei parenti che hanno anche organizzato una marcia di protesta. Rabbia difficile da contenere anche per le notizie arrivate sul comportamento del comandante, ora agli arresti, che ha abbandonato la nave prima dei passeggeri, e dei 28 membri dell'equipaggio quasi tutti salvi. "Noi dobbiamo ritrovare i corpi dei nostri bambini - dice il padre di uno dei 300 ragazzi in gita - Se loro avessero agito più rapidamente avrebbero potuto essere salvati. E invece nessuno ne uscirà vivo". Ma in molti continuano a mantenere viva la speranza e soffrono per l'atteggiamento dei soccorritori che insistono per prendere campioni di saliva in modo da selezionare il Dna per il riconoscimento dei cadaveri."A cosa pensano queste persone che fanno il test del Dna? - dice scoraggiata questa signora - Noi chiediamo loro di salvare la vita dei nostri bambini. Per noi ora è impossibile pensare ad altro, siamo distrutti. Io voglio che salvino il mio bambino, non che pensino al Dna".
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