Perché dovremmo votare 'SÌ' al referendum sulle trivelle del 17 aprile
pubblicato il 17 marzo 2016 alle ore 09:54
di Zeina AyacheIl prossimo 17 aprile gli italiani sono invitati ad esprimere la loro opinione sulla possibilità di fermare le trivellazioni già in atto nei mari del nostro Paese entro 12 miglia dalla costa. In pratica, ad oggi, una volta scadute le concessioni è possibile continuare a trivellare finché il giacimento dispone di gas o petrolio. Il referendum punta a modificare questa possibilità impedendo il rinnovo delle concessioni e, di fatto, fermando le trivellazioni.
Lo scorso autunno dieci regioni – Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise e Abruzzo, che poi si è ritirato – hanno promosso sei referendum riguardanti la ricerca e l’estrazione del petrolio in Italia. La Cassazione ne ha dichiarato ammissibile solo uno, quello sullo stop alle trivelle.
Attenzione però! Il referendum è abrogativo. Questo significa che, se volete fermare le trivellazioni nei nostri mari, al termine delle concessioni attuali, dovete votare SÌ, se invece volete concedere il prolungamento del contratto alle compagni petrolifere, permettendo loro di trivellare fino ad esaurimento scorte, allora dovete votare NO. Per essere valido il referendum deve raggiungere il 50% dei voti degli aventi diritto: se non si arriva a questa cifra, il risultato non avrà valore.
Perché dovremmo dire SÌ e fermare le trivellazioni?
Impedire le trivellazioni nei nostri mari significa ridurre il rischio di incidenti che, se dovessero verificarsi, avrebbero un pericoloso e devastante impatto sul nostro ecosistema, ma anche sulla nostra economia, ci basti pensare a quanto è avvenuto nella piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico per farci un'idea dei rischi che corrono il settore della pesca e del turismo nostrano. Fermare le trivellazioni, ci permetterebbe di investire su altre fonti di energia, come quella rinnovabile, ma anche sulla ricerca e l'innovazione, che rappresentano il vero futuro del nostro pianeta.
Se il resto del mondo sta andando avanti, investendo sempre di più in energia pulita, l'Italia ha invece registrato un crollo del 60% degli investimenti in questo settore.
È vero che se dovessimo fermare le trivellazioni nei nostri mari dovremmo fare affidamento sull'importazione di energia da altri Paesi, così come è vero che oltre le 12 miglia le estrazioni proseguiranno senza sosta, ad esempio a largo della Grecia, della Croazia o del Montenegro, ma tutto ciò varrebbe anche dovessimo continuare a trivellare il nostro mare. Secondo Legambiente infatti il nostro petrolio, oltre ad essere poco, è anche di scarsa qualità. Nei nostri fondali marini ci sono circa 10 milioni di tonnellate di petrolio che, considerando il fabbisogno attuale nazionale, coprono circa 8 settimane di consumi. Quanto ai gas, ne abbiamo a sufficienza per 6 mesi. Insomma, da un punto dal punto di vista del fabbisogno energetico, siamo e saremo comunque dipendenti da altre nazioni.
Sul lato economico, non va certo meglio. Parliamo di royalties. In pratica le compagnie petrolifere non devono pagare il nostro Stato sotto una soglia minima di produzione che corrisponde a 80 milioni di metri cubi di gas e 50 mila tonnellate di petrolio. Al momento, oltre la metà di quanto estratto resta sotto questa soglia, in pratica, stiamo regalando ciò che estraiamo dai nostri mari.
Insomma, il gioco non vale la candela. È giunto il momento di dire sì allo stop alle trivellazioni e sì ad un futuro sostenibile.
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