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I segreti di Larissa Iapichino: “Pressioni pesanti già a 18 anni, ma noi atleti non siamo macchine”

Larissa Iapichino ci ha aperto le porte di casa: ai microfoni di Fanpage.it, pochi giorni dopo il record nel salto in lungo indoor, ha parlato dell’importanza di un mental coach, di come gestire le pressioni a 21 anni e dei sogni in vista di Parigi 2024.
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A cura di Lorenzo Sassi
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Istanbul, Turchia. 5 marzo 2023. Europei Indoor. Disciplina: salto in lungo. Larissa Iapichino, classe 2002, è al suo ultimo tentativo. Mille pensieri in testa. Le gambe sono pesanti. Prende fiato. Poi parte e salta come non ha mai saltato in gara prima di quell’istante. È record italiano: salta 6 metri e 97 cm. È medaglia d’argento. Ma soprattutto, ha battuto il precedente record – 6 metri e 91 cm. Apparteneva a sua madre, Fiona May.

Qualche giorno dopo lo storico traguardo, Fanpage.it ha avuto la possibilità di entrare in casa di Larissa per intervistarla. Abita poco fuori Firenze. Se ne sta seduta sul divano. Suo padre – Gianni Iapichino, ex atleta – seduto in un angolo della stanza, la guarda con un misto di apprensione e ammirazione. Prima allenava Fiona May, ora è Larissa che deve interpretare – a seconda dei momenti – il ruolo di figlia o di promessa dello sport. Anche se spesso i due ruoli coincidono. Cominciamo.

Larissa, raccontaci cosa succede dopo un record: la prima sensazione e quello che si prova dopo qualche giorno.
"Lì per lì sicuramente senti un misto di emozioni e gioia, ti gasi tantissimo. In realtà sei abbastanza frastornata, poi con i giorni inizi a metabolizzare e ti rendi conto di aver fatto un bellissimo risultato, una grandissima prestazione. E questo diciamo ti porta a dire: ‘Cavolo, ce l'ho fatta, magari quello che avevo sognato, quello che speravo potesse succedere, si è avverato davvero’. E quindi ti senti anche sollevata, ti senti senti proprio bene, però poi passano i giorni e alla fine ti rendi conto di aver raggiunto un obiettivo, una misura così grande, e di averlo fatto realmente concretizzare. E non hai solamente sognato. Un record così ti rende veramente la persona più felice del mondo".

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Da un po’ di tempo ti affianca un mental coach. Quanto ha cambiato la tua vita?
"Sicuramente noi atleti siamo spesso soggetti a delle pesanti pressioni e io l’ho provato sulla mia pelle anche in giovane età, quando ero un'adolescente di 18 anni. E diciamo che secondo me bisogna anche un attimo avere chiaro il concetto che non siamo solo degli atleti, delle macchine che magari fanno performance, ma siamo anche degli esseri umani con dei sentimenti, delle insicurezze, delle fragilità. E quindi a volte ci sono dei meccanismi che possono andare ad intaccarti da un punto di vista lavorativo e dal punto di vista personale: l'atleta, la persona. E devo dire che ci sono passata. Per fortuna sono riuscita ad andare oltre questa situazione e a uscirne anche più forte di prima. Tutto deve stare in perfetto equilibrio e bisogna ovviamente andarsi a costruire, quindi non è facile arrivarci. Però ecco, tassello dopo tassello, l’obiettivo è andare a cercare e a trovare un'armonia. Insomma, con tutte le componenti della vita che che ci compongono".

Hai detto che in passato hai dovuto combattere contro i giudizi degli altri. C’è stato un momento specifico in cui hai pensato: ora ho bisogno di un aiuto. Un episodio successo, il commento di qualcuno…
"Il mental coach per me è stato fondamentale sia da un punto di vista sportivo, perché è riuscito a a farmi in qualche modo venir fuori e far venir fuori quella che è una Larissa super determinata e grintosa. In pedana avevo un po’ perso questa cosa e dal punto di vista personale mi ha fatto crescere. Mi ha aiutato a diventare più consapevole, quindi un po’ più adulta, un po’ più matura. Ho dovuto sì combattere con negatività e giudizi provenienti da altre persone. E il momento in cui mi sono accorta di aver bisogno di una mano per affrontare tutta questa situazione è stata sicuramente quando mi sono fatta male, quando ho subito un infortunio che non mi ha permesso di andare a Tokyo a giugno 2021. È stato un momento abbastanza basso e lì mi sono detta: ‘Ma sì, facciamoci dare una mano, facciamoci aiutare’".

Ci racconti quello che dall’esterno non sappiamo di come i social incidono sulla vita di un atleta di successo a 20 anni?
"Io alla fine sono cresciuta con i social e penso sia siano delle piattaforme molto utili per conoscere, per farsi conoscere e per informare. Personalmente ci sono dei momenti importanti tipo prima delle gare in cui preferisco prendermi una piccola pausa giusto per stare tranquilla, pensare ad altro, non essere troppo attaccata al telefono o al mondo dei social, per poi appunto rimettermici una volta finito. Quindi riesco a trovare un equilibrio tra l’utilizzarli e magari prendersi una pausa. In realtà l'interazione con le persone che magari commentano negativamente sui social, io onestamente tendo ad ignorarle o comunque cerco di non farmi condizionare. Insomma, vado per la mia strada".

Com'è il tuo rapporto con le pressioni e come le gestisci giorno per giorno?
"Con mia mamma ci siamo un po’ confrontate sulla differenza generazionale delle pressioni e sostanzialmente mi ha consigliato di stare tranquilla e di crearmi la mia bolla personale. E io seguo sempre questo consiglio. Adesso ci sono molte più pressioni, soprattutto mediatiche, rispetto a prima. Però penso che alla fine la metodologia debba essere sempre la stessa, cioè quella di cercare di isolarsi il più possibile, di ascoltare meno campane possibili".

Chi sono i tuoi modelli nello sport?
"Mia madre, ovviamente. Lei, Usain Bolt e Allyson Felix. Usain Bolt è un'icona dello sprint giamaicana. Io ho origini giamaicane da parte di mia mamma e l'ho visto proprio sin da quando ero piccola come l'icona dello sport. Per me quando si parla di sport, del GOAT come si dice oggi, io penso a lui perché era un atleta di di un talento pazzesco. E Felix perché lei è l'atleta con più medaglie della storia delle Olimpiadi nell’atletica. È un esempio di talento e perseveranza e ha fatto veramente delle grandissime imprese, non solo sul campo ma anche fuori".

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Hai tutto per poter diventare un simbolo che va oltre lo sport. Questa responsabilità ti emoziona o ti spaventa?
"Poter essere una potenziale ispirazione modello per altre persone un po’ – non lo so – mi mette un po’ d'ansia, perché io mi vedo proprio ancora come una persona normalissima. Semplicemente io sono una normalissima ragazza di quasi ventun anni che salta il lungo, fine. Quindi il poter pensare che qualcuno si potrebbe un giorno ispirare a me o comunque guardarmi come un modello, mi mi lascia veramente un po’ perplessa ancora. Magari ci farò l'abitudine col tempo. Mi chiederei perché? Alla fine sono una persona normalissima".

Quanto è presente il pensiero delle Olimpiadi nella testa di un’atleta quando l’evento è ancora lontano?
"Ovviamente il pensiero delle Olimpiadi c’è, certo. Però preferisco vivere giorno dopo giorno, quindi step by step e sono tra un bel po’. Quindi adesso pensiamo agli obiettivi a breve termine, poi quando ci avvicineremo ci penseremo sempre di più".

E invece chiudendo gli occhi e pensando a Parigi, tra un anno: come speri di arrivarci sul piano personale? Come ti piacerebbe descrive la Larissa Iapichino che vedremo in pedana?
"Mi piacerebbe arrivare a Parigi 2024 con tanta esperienza e serena. Voglio godermi ogni singolo momento di quell'esperienza perché mi hanno detto che l'esperienza olimpica è una tra le cose più belle che ci siano, quindi sicuramente così. E mi immagino una Larissa sicuramente più matura, più sempre più consapevole dei suoi mezzi e magari più gasata dalla vita e dalla situazione".

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