Quanto è naturale il gas “naturale”?

Il gas è la principale fonte energetica da cui dipendiamo, ma come combustibile fossile è alla radice dell’emergenza climatica. Cosa lo rende tanto pericoloso? E perché lo chiamiamo “naturale”?
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Rubrica a cura di Mattia Iannantuoni
19 Dicembre 2023

È il 1776 e Alessandro Volta si sta facendo un giretto sul Lago Maggiore. A un certo punto si accorge di alcune bolle d’aria che emergono dalle acque paludose. Le raccoglie, le porta in laboratorio, fa degli esperimenti con delle scintille elettriche e BOOM! Scopre che quell’aria prende fuoco, uno strano fuoco azzurrino. Allora dice: “Uh-oh! La chiamerò nativa aria infiammabile delle paludi!” Volta non sapeva di avere appena scoperto le basi di una delle principali fonti energetiche dell’età moderna. Ma avrebbe mai immaginato che quella stessa “aria infiammabile” si sarebbe ritrovata al centro della sfida più urgente che noi umani stiamo cercando di risolvere?

Cos’è il gas “naturale”?

Una delle principali fonti energetiche in Italia e in Europa è il gas, anche detto gas naturale. Come il carbone e il petrolio, è un combustibile fossile, cioè è il risultato della lentissima trasformazione dei resti di piante e piccoli organismi pressati sotto terra per milioni di anni. La sua composizione fa sì che con la combustione venga prodotta energia e rilasciata anidride carbonica che vola in atmosfera. Lo troviamo in grossi depositi sotterranei nella forma di un gas inodore e trasparente – e poi si chiede come mai non lo invitano mai alle feste? Da lì lo estraiamo con delle “mega cannucce”, lo portiamo in giro per il mondo con altre “mega cannucce”, e lo bruciamo per generare energia con cui riscaldiamo le nostre case, ricarichiamo i dispositivi come quello che stai usando per guardare questo video, cuciniamo. Ma ti sei mai chiesto di cos’è fatto in realtà?

Metano, più potente della CO2

In effetti il gas che ti arriva a casa è fatto per la maggior parte di quella “nativa aria infiammabile delle paludi” scoperta da Volta, che altro non era che… metano. Il metano è un gas serra, cioè un gas che quando finisce in atmosfera cattura parte della luce solare che dopo essere rimbalzata sulla superficie terrestre vorrebbe tornare nello spazio. Rispetto alla CO2, il principale dei gas serra che emettiamo noi umani, il metano resta in atmosfera molti meno anni ma è molto più bravo a riscaldarla: se infatti la CO2 lascia passare una parte della luce solare nel suo viaggio verso lo spazio, il metano adora catturare proprio quella parte ignorata dalla CO2. Pensa che su un arco di venti anni, una singola molecola di metano ha la capacità di aumentare le temperature globali quanto circa 80 molecole di CO2. E questo prima che iniziasse ad andare in palestra.

Circa il 30% del riscaldamento globale che stiamo vivendo oggi è dovuto al metano. Infatti ne pompiamo in atmosfera tantissimo. Tramite le attività agricole, soprattutto per colpa del grande numero di erbivori che alleviamo e la coltivazione di riso. Tramite le discariche, dove i rifiuti, carta, vestiti, cibo, si degradano e sprigionano metano. E ovviamente tramite le operazioni di estrazione dei combustibili fossili, che danno al gas l’occasione di sfuggire da sotto terra verso l’atmosfera.

Stiamo parlando di un problemone. Secondo recenti analisi della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), la concentrazione di metano in atmosfera sta aumentando a velocità record, in questi anni. La preoccupazione a livello internazionale è talmente diffusa che quasi 150 Paesi hanno firmato un’intesa (dal nome Global Methane Pledge) che promette da qui al 2030 di ridurre le emissioni di questo gas del 30% rispetto ai livelli del 2020. Obiettivo che, proprio a causa del fatto che il metano agisce sull’atmosfera sul breve periodo, ci permetterebbe di guadagnare subito alcune vittorie nella lotta al riscaldamento globale. E questo sarebbe super!

Ciò nonostante, se ci fai caso, di tutto questo si parla poco, praticamente mai. Se si cita il gas, lo si fa solo per parlare di bollette o di forniture di energia. E in entrambi i casi lo chiamiamo “naturale”.

Perché lo chiamiamo gas “naturale”?

Non fa un po’ strano che chiamiamo “naturale” qualcosa di così pericoloso per la nostra sopravvivenza sul pianeta? Un motivo ci deve essere. E un motivo c’è, infatti, anzi due. Tra il 700 e l’800 le città stavano imparando a sfruttare il gas per illuminare edifici e strade, ma era un gas diverso, che veniva prodotto artificialmente dalla lavorazione del carbone. Così quando all’inizio del XIX secolo si trovò il modo di estrarre il gas direttamente dal sottosuolo e usarlo così com’era, la gente iniziò a chiamarlo “gas della natura” o, appunto, “gas naturale”.

L’aggettivo nasce perciò dall’ingenuità umana, ma il fatto che lo usiamo tuttora… rivela un segreto. Secondo uno studio dei ricercatori dello Yale’s Program on Climate Change Communication la nostra mente ha un debole per la parola “naturale”. Quando la sentiamo associata al gas, noi tutti tendiamo a percepirlo come qualcosa di “buono”, perfino “sano”, quindi giusto da usare. Si crea un pregiudizio positivo, in pratica.

E quindi? Quindi, il fatto che continuiamo a chiamarlo così è uno stratagemma per renderlo meno indigesto. Senti qui: “Argomentazioni emozionali possono plasmare la narrazione pubblica anche quando i fatti non le supportano.” Questo è un estratto dei tanti documenti interni di aziende e associazioni di categoria del gas a nostra disposizione che ci raccontano dei loro sforzi per mantenere in buona luce il combustibile fossile nelle menti e nei cuori dell’opinione pubblica. Uno sforzo che sfrutta ovviamente l’uso della parola “naturale” e che sicuramente sta funzionando, perché negli ultimi anni in cui abbiamo tutti iniziato a costruirci una forte consapevolezza riguardo all’urgenza della crisi climatica e dell’abbandono dei combustibili fossili, il gas non è scomparso, anzi: è riuscito a rifarsi un nome come risorsa di transizione.

Il gas è una fonte energetica di transizione?

Ora, sono sicuro che lo hai sentito tante volte. Il gas come “combustibile ponte”. Si intende che è una sorta di energia di passaggio che ci permetterà di andare da carbone e petrolio, le fonti più sporche, a fonti a zero o bassissime emissioni, come le rinnovabili. L’argomentazione si basa sul fatto che quando viene bruciato, il gas genera circa metà della CO2 prodotta bruciando invece carbone e petrolio. Però questa narrazione si trascina dietro tre grosse obiezioni.

La prima è che seppure il gas emette metà della CO2 di carbone e petrolio, è comunque tantissima rispetto a quella generata da fonti pulite come le rinnovabili, che oggi sono economicamente sempre più convenienti. Sarebbe come dire che se non ti fai una doccia per una settimana sarai più profumato di un qualsiasi gentleman del Medioevo: vero, ma non per questo andresti a pranzo dai parenti della tua ragazza senza lavarti.

La seconda obiezione è che il gas fossile ha meno impatti sull’atmosfera rispetto a carbone e petrolio solo in teoria. Perché nella pratica abbiamo un enorme problema: l’infrastruttura ha perdite ovunque. Diversi studi mostrano che nella lunga rete di quelle mega cannucce di cui parlavamo in apertura, ossia gli impianti di estrazione, i condotti di distribuzione, fino ai fornelli in casa nostra, il gas metano sfugge e vola direttamente in atmosfera. Quindi seppure il gas durante la combustione generi meno CO2, quello che scappa in atmosfera la riscalda molto di più, rischiando di annullare il vantaggio.  Gli strumenti per scovare le perdite stanno migliorando, per fortuna, ma oggi non riusciamo a individuare tutto il metano che scappa dall’infrastruttura. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia però le emissioni di metano dal settore energetico sarebbero 70% più grandi di quanto riportano i dati ufficiali.

La terza obiezione è che investire i limitati soldi a nostra disposizione in infrastrutture per il gas rischia di bloccare lo sviluppo delle rinnovabili, che nel mondo saranno comunque la fonte energetica principale e hanno bisogno di fondi per ammodernare la rete elettrica e installare sistemi di stoccaggio. Se investiamo nel gas, si crea quello che viene definito effetto lock-in per cui i Paesi si “incastrano” da soli nel dover continuare a usare il gas per anni e anni. Come quando la tua amica ti chiede di iscriverti con lei al corso di salsa&bachata, sai che se dici sì, poi avrai tutti i martedì sera fregati. Il concetto di “ponte” d’altronde è che si va dal punto A al punto B. Che ponte è quello che ti costringe a rimanere dove sei?

La scienza dice stop a nuovo gas, il mondo la ascolta?

Ponti promessi ponte pì a parte, la scienza è cristallina: il gas è quello che più ha contribuito alle emissioni negli ultimi anni e il rischio di rilasciare altro metano in atmosfera è una minaccia da sventare assolutamente. Da qui al 2050 le forniture di questo combustibile dovranno scendere dell’84% per mantenere viva la speranza di rimanere entro gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, e preservare un clima ancora vivibile. La stessa Agenzia Internazionale dell’Energia, facendo eco a diversi studi scientifici, ha detto che non abbiamo più spazio per qualsiasi nuova produzione di combustibili fossili. Questo significa stop alle esplorazioni per nuovo gas. Un messaggio netto e senza ma… ma.

Nel mondo, le centrali a petrolio e gas sono aumentate del 13% nel 2022, e la maggior parte di questi progetti sono proprio basati sul gas metano. Secondo questo recente report i 20 principali Paesi produttori di combustibili fossili hanno in programma di espandere le estrazioni invece che arrestarle, con Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita che puntano nei prossimi anni a estrarne più che mai nella storia. Anche l’Italia si sta attualmente focalizzando sulla costruzione di infrastrutture di gas sempre più ampie con la visione di diventare un hub di questo combustibile per il continente.

Queste decisioni dimostrano una grande lentezza del nostro sistema energetico a recepire i messaggi degli scienziati. Magari è colpa del correttore automatico di WhatsApp, magari chi li legge è distratto. Ma forse cambiare l’idea che come società abbiamo del gas, e imparare a capirlo per quello che è, cioè come gas metano e fossile, con tutti i suoi impatti, potrebbe velocizzare le cose.

La vita senza gas metano fossile

Iniziare a figurarci un mondo senza gas, del resto, è molto più facile di quello che si possa pensare. Invece che fornelli a gas cucineremo su fornelli a induzione, che magari hai già a casa, più puliti e sicuri. Invece che con rumorose caldaie, ci riscalderemo e raffredderemo con tecnologie recenti come le pompe di calore, alimentate sempre più da pannelli solari installati sulle nostre case (sempre più efficienti e quindi, a tendere, convenienti). Ci sposteremo con sempre più mezzi elettrici o a idrogeno. Insomma, figo, no? È un mondo che pezzetto per pezzetto stai già iniziando a vedere intorno a te. Se chiedessimo ad Alessandro Volta oggi ci suggerirebbe che per accelerare questa quotidianità più pulita, per farla nostra, ci basta una scintilla. E che ne sai che questa scintilla non sia un semplice cambio di nome?

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Creatore di contenuti come conseguenza, appassionato di racconti come causa. Approdo al mondo delle storie su clima e sostenibilità dopo un altro…