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L’estremo sacrificio di mamma calamaro in un video meraviglioso: così protegge i suoi piccoli

Gli scienziati hanno filmato una femmina di calamaro dagli occhi neri (Gonatus onyx) mentre trasporta un lungo e sinuoso drappo di uova. Sono immagini meravigliose che mostrano l’ultimo viaggio del cefalopode: la madre, infatti, non può nutrirsi mentre si prende cura dei piccoli ed è destinata a morire di stenti o per predazione.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Instagram / Schmidt Ocean Institute
Credit: Instagram / Schmidt Ocean Institute

Al largo del Costa Rica, nelle profondità marine, gli scienziati hanno catturato le meravigliose e suggestive immagini di una femmina di calamaro che trasporta un drappo di uova, mentre le trattiene delicatamente con le sue braccia. Si tratta del gesto estremo di una madre, destinata a perdere la vita proprio per le modalità con cui si prende cura dei suoi (unici) piccoli. Durante il periodo di cova, che secondo gli esperti di cefalopodi va dai 6 ai 9 mesi, la femmina non può infatti nutrirsi; il suo organismo può fare affidamento solo sulle riserve di lipidi accumulate prima di accoppiarsi e deporre le uova. Trasportandole in questo modo ne favorisce l'ossigenazione, ma il nuoto lento e leggiadro la rende una facile preda per i mammiferi marini che si immergono a grandi profondità. Se non saranno i cetacei o i pinnipedi a divorarla, ci penserà il lento e progressivo deperimento del suo corpo malnutrito, che inizierà a perdere le braccia e a sfaldarsi fino alla morte.

Protagonista del suggestivo video un esemplare femmina di calamaro dalle braccia artigliate o calamaro dagli occhi neri (Gonatus onyx), filmata nei pressi dell'affioramento Caballito (Costa Rica) dagli scienziati dello Schmidt Ocean Institute durante la spedizione “Octopus Odyssey”. I nomi comuni di questo affascinante animale sono legati a due caratteristiche anatomiche; le braccia dotate di peculiari uncini nella porzione terminale, sfruttati dalle madri anche per trasportare il tappeto di uova, e i grandi e penetranti occhi neri circondati di bianco. Gonatus onyx è una delle sole due specie di calamaro note alla scienza per prendersi cura delle uova dopo la deposizione. Dopo l'accoppiamento, che si verifica attraverso l'inserimento degli spermatofori da parte dei maschi (con un braccio modificato) in un ovidotto vicino alla bocca delle femmine, queste ultime depongono le uova in sottili membrane a nido d'ape, che formano una massa gelatinosa. Successivamente vengono raccolte e trattenute con le braccia come una sorta di sinuoso e fluente drappo tubulare, che viene delicatamente ossigenato attraverso i movimenti lenti ed eleganti durane il nuoto. All'interno possono essere presenti fino a 3.000 uova.

Come spiegato in un post su Instagram dallo Schmidt Ocean Institute, una fondazione privata senza scopo di lucro dedita alla ricerca e alla divulgazione oceanografica, questi calamari non possono nuotare velocemente, dunque diventano “facili prede per i mammiferi marini che si immergono in profondità”. A causa di questa significativa vulnerabilità, le femmine in cova si spostano a profondità maggiori per essere più difficilmente individuabili, fino a 1.800 metri circa. Il loro destino, come indicato, è comunque segnato: prima o poi verranno predate oppure moriranno di stenti mentre le loro uova si sviluppano. Nello studio “Post-spawning egg care by a squid” pubblicato su Nature, gli scienziati dell'Università di Rhode Island hanno spiegato che le femmine minacciate che tentano di fuggire, nell'atto rompono la delicata trasportata, favorendo la schiusa delle uova più mature.

I calamari dagli occhi neri sono cefalopodi di piccole dimensioni, il cui mantello da adulti non arriva a 20 centimetri di lunghezza. È una specie molto comune nell'Oceano Pacifico settentrionale, con un areale di distribuzione molto ampio, dall'estremo oriente alla California. Il loro ciclo riproduttivo tanto affascinante quanto drammatico – anche i maschi muoiono dopo il primo accoppiamento – mostra una delle tante vie in cui la vita ha deciso di perpetrarsi sul nostro unico e preziosissimo pianeta.

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