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28 Ottobre 2022
12:22

Cani randagi in fila per ricevere cibo in Ucraina. L’esperta: «L’attesa ordinata è una strategia sociale»

I cani randagi di Kramators'k attendono in fila indiana di avere accesso al cibo. Questo fenomeno, però, non deve stupirci e può invece aiutare a riflettere sulla socialità del cane e sulle strategie di gestione dei cani liberi che favoriscono una convivenza pacifica dei randagi con gli esseri umani.

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Immagine
©Nate Mook

Da qualche giorno circola in Rete l'immagine di un gruppo di cani randagi di Kramators'k, nell'Ucraina orientale. I cani formano una fila indiana in attesa di avere accesso al cibo, reso disponibile grazie ad appositi dispenser.

Le immagini hanno meravigliato molte persone, stupite del fatto che questi animali siano in grado di aspettare disposti in maniera ordinata e senza mostrarsi conflittuali tra di loro.

In realtà, però, il cane è un animale sociale estremamente abile nel dare forma a relazioni con i propri simili, in particolar modo quando ne va della possibilità di accedere alle risorse alimentari o all’accoppiamento. A confermarlo è anche Clara Caspani, vicepresidente di Stray Dogs International Project, l'associazione che da anni conduce studi sul mondo del randagismo e individua soluzioni adeguate alla gestione del fenomeno nei singoli contesti.

«La prima cosa che salta all’occhio in questa immagine è il fatto che la disponibilità alimentare provenga da una fonte che concede l’accesso ad un individuo alla volta. Questo particolare fa in modo che l'attesa sia l'unica strategia possibile per potersi cibare  – spiega a Kodami l’esperta – Quando invece la risorsa alimentare è posta in modo da permettere a più cani di mangiare contemporaneamente, come ad esempio intorno ai cassonetti dei rifiuti, i conflitti e le tensioni aumentano».

Gli indizi per comprendere il livello di coesione del gruppo

La fila indiana che ha stupito molte persone, però, non è solo una dimostrazione di come i cani sappiano adattarsi alla vita in gruppo, bensì anche un segnale di come questi soggetti non facciano parte di un gruppo coeso: «I cani della foto provengono probabilmente da abbandoni recenti e da fughe causate dalla paura di una situazione complessa come quella della guerra – spiega Caspani – Ad oggi non hanno ancora avuto il tempo necessario per far sì che il gruppo sia coeso e che ognuno abbia un proprio ruolo e un rango chiaro».

I cani, infatti, costruiscono relazioni che acquisiscono valore con il tempo e, una volta strutturate, esse si dimostrano anche attraverso la disposizione nello spazio durante i momenti importanti come quello dell'accesso al cibo.

«A permetterci di capire che ci troviamo ancora in una fase in cui ognuno si occupa di sé è proprio la fila indiana – e aggiunge – All'interno di gruppi di randagi rodati, invece, le relazioni sono chiare e definite e l'attesa del cibo è un momento in cui si agisce attivamente, in maniera organizzata e coordinata. I cani sono spesso sdraiati, o seduti, molte volte si pongono in semicerchio intorno alle risorse, pronti a proteggerle da chiunque si avvicini e intenti a difendere prima di tutto il bene del gruppo, più che il proprio. La fila, invece, per questi gruppi è più che altro una modalità che si usa negli spostamenti».

Sempre da Kramators'k arriva anche un video in cui i cani si comportano però diversamente e, mentre uno mangia, gli altri sono disposti in maniera apparentemente più disordinata: «Dallo spostamento di uno solo, tutti gli altri seguono la direzione del suo sguardo con maggiore sintonia – spiega l'esperta – Qualcosa li preoccupa e stanno cercando di capire cosa succede, ma è difficile comprendere il contesto nella sua complessità attraverso un video di pochi secondi».

Ciò che è certo, però, è che i cani ripresi nel video sembrano spaventati da qualcosa: «Potrebbe trattarsi di un dispenser nuovo, magari posizionato in un luogo in cui non si sentono a proprio agio – ma Caspani propone anche un'altra ipotesi – Consideriamo anche il fatto che si trovano in un luogo di guerra e la preoccupazione potrebbe, quindi, provenire dal rumore della sirena che si sente in sottofondo e anticipa l'arrivo delle bombe».

Il dispenser per i randagi: «Si, ma con alcune attenzioni»

Le immagini che arrivano dall’Ucraina, secondo Caspani, possono fungere anche da spunto per riflettere sulla complessità dell'equilibrio su cui si basa la gestione dei gruppi di randagi da parte degli abitanti delle città. «Chi decide di intervenire deve farlo rispettando l’etologia della specie, conoscendo i comportamenti sociali che i gruppi potrebbero proporre e i rischi che si nascondono dietro la decisione di fornire cibo agli animali – commenta la vicepresidentessa di Stray Dogs International Project – L’accesso ristretto al tubo è certamente una strategia utile per la riduzione dei conflitti, ma questo strumento va studiato con attenzione».

Per scegliere di alimentare i randagi attraverso i dispenser a tubo bisogna, infatti,  valutare alcuni aspetti che possono rischiare di renderli inadatti al contesto: «Dobbiamo pensare che l'animale è chiamato ad inserire completamente la testa all'interno della struttura, perdendo quindi la possibilità di controllare l'ambiente circostante durante il pasto – spiega Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale e Membro del Comitato Scientifico di Kodami – Rispetto a quelli che vediamo in queste immagini, quindi, i tubi dovrebbero avere un'apertura più spianata, che permetta di mangiare e, contemporaneamente, vedere la zona circostante, in particolar modo quando intorno ci sono rumori forti o preoccupanti».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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