Archibugi: "Gli sdraiati", rapporto padre figlio senza retorica
pubblicato il 26 novembre 2017 alle ore 12:53
Film con Claudio Bisio tratto da Serra, al cinema il 23 novembreRoma, (askanews) - C'è il rapporto complicato e conflittuale tra un padre e un figlio al centro del nuovo film di Francesca Archibugi "Gli sdraiati", tratto dal romanzo di Michele Serra, nei cinema dal 23 novembre. Claudio Bisio interpreta un giornalista di successo che vive e soprattutto cerca un dialogo con il figlio Tito, adolescente pigro e irriverente sempre circondato dalla sua banda di amici, che rifiuta le attenzioni del padre, si ribella ai suoi tentativi di controllo, e in fondo vuole celare le proprie ferite. Uno scontro tra due mondi apparentemente inconciliabili.
"Mi sembrava che nel libro di Michele ci fosse uno sguardo innanzitutto spietato, non indulgente verso i ragazzi, ma nemmeno verso se stesso, ed era un punto di partenza molto interessante per raccontare un rapporto così forte in modo anche un po' antiretorico".
Il personaggio di Bisio sembra totalmente incapace di trovare una strada per dialogare con Tito, e forse è anche più fragile e spaesato del figlio.
"E' un uomo che deve accettare di invecchiare, che credo sia una delle cose più difficili che la vita ti pone davanti, di cambiare ruolo, di non essere tu che insegni ma metterti in condizione di imparare qualcosa. Credo che tutti noi vogliamo amare ed essere amati, in qualsiasi tipo di relazione, che sia padre e figlio, uomo-donna etc. Bisogna sempre ricordarci quanto è difficile: la cosa di cui abbiamo più bisogno al mondo, la cosa che poi in realtà è più difficile, ci dà più dolore ed è quella nella quale poi abbiamo meno talento".
Archibugi non aveva l'intenzione di fare un film generazionale né di fare un ritratto sociologico della famiglia di oggi, ma rivela:
"Mi è molto difficile parlare di tutti i padri del mondo o di tutti i figli del mondo. Quando racconto una storia piccola, di personaggi, dei casi unici, casi umani, casi clinici, in fondo sono racconti che sono a metà fra il caso umano e il caso clinico, poi speri sempre che dentro ci sia il rombo della storia, il rombo della civiltà di tutti. Ma è impossibile mettercelo prima, perché tu è nel dettaglio che costruisci una persona, e speri che questa persona faccia riconoscere in sé anche tante altre persone".
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