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“Così abbiamo fatto arrestare gli estorsori del clan”: il racconto della vittima di racket e del carabiniere

A Fanpage.it l’imprenditore Raffaele Vitale e il maresciallo dei Carabinieri Ivan Molinari raccontano la trappola organizzata dopo la richiesta del pizzo.
A cura di Nico Falco
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L'imprenditore Raffaele Vitale e il maresciallo Ivan Molinari
L'imprenditore Raffaele Vitale e il maresciallo Ivan Molinari

"Gli tendo la busta, lui la afferra, io con la mano sinistra gli prendo il polso e da uno sguardo di arroganza, di prepotenza, era cambiato: aveva fatto uno sguardo completamente diverso, come un agnellino". I quel momento l'estorsore del clan capisce: fine della corsa, manette e carcere. Epilogo di una operazione antiracket che si è conclusa nel migliore dei modi grazie Raffaele Vitale, l'imprenditore a cui era stato chiesto il pizzo, e Ivan Molinari, il maresciallo capo dei Carabinieri che ha coordinato la "trappola". Gli stessi protagonisti hanno raccontato quella storia a Fanpage.it, per lanciare un messaggio: denunciare non è semplice, la paura è tanta, ma le Istituzioni ci sono.

La richiesta di pizzo

È il luglio 2016 quando a Raffaele Vitale arriva la "bussata": in tre si presentano sul campo sportivo che gestisce e gli dicono di preparare i soldi: per continuare a lavorare dovrà pagare 2.600 euro al mese. Un paio di giorni dopo, mentre è in giro con la nipotina, l'imprenditore si rende conto di essere seguito. E lì capisce di essere realmente in pericolo. Così accompagna la bambina a casa e corre dai carabinieri.

Oggi Vitale è il responsabile del punto FAI (Federazione Antiracket Italiana) di Chiaiano, ma all'epoca non sa nemmeno dell'esistenza di questo tipo di associazioni e non ha mai avuto esperienze del genere. Nella caserma di Marianella conosce il maresciallo Molinari, viene accompagnato alla Compagnia Vomero e si organizza la trappola: all'incontro, fissato per qualche ora dopo, ci andrà. Ma non sarà solo.

La trappola dei carabinieri

Poche ore dopo il campo sportivo è zeppo di carabinieri, nascosti nei punti strategici e pronti a intervenire. I criminali, però, forse fiutano qualcosa. Non si presentano. Passano i minuti ma non si vede nessuno. Finché un ragazzino della zona porta una "ambasciata": non fa parte della criminalità, ma gli hanno detto di avvisare Raffaele che l'incontro si terrà altrove, in un parcheggio.

E qui scatta il piano B. Abbandonata l'idea di "stringere" gli estorsi nel campo sportivo, l'imprenditore va all'appuntamento con due carabinieri nascosti in auto: uno è nel cofano, l'altro è sul sedile passeggero, sotto un telo da mare. Questa volta il criminale è tranquillo, lo vede arrivare da solo e non sospetta nulla. Capisce di essere in trappola solo quando, con la busta coi soldi già in mano, Raffaele gli afferra il braccio. Il passo successivo è il tentativo di fuga, con l'inseguimento a cui si unisce anche Raffaele. L'ultimo capitolo, invece, è quello della condanna: sia per l'estorsore sia per i due complici, arrestati successivamente.

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