Chico Forti torna in Italia dopo il carcere in USA: estradizione e differenze con l’ergastolo italiano

Perché la storia di Chico Forti è stato un caso mediatico internazionale per decenni? E davvero Forti potrebbe ottenere la libertà vigilata una volta tornato in Italia?

22 Aprile 2024
13:00
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Chico Forti torna in Italia dopo il carcere in USA: estradizione e differenze con l’ergastolo italiano
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Nel 1990 l’ex velista e produttore televisivo italiano Chico Forti, pseudonimo di Enrico Forti, partecipa al quiz di Mike Bongiorno “Telemike” e vince 86 milioni di lire. Grazie a quei soldi che oggi corrisponderebbero a circa 45 mila euro, si trasferisce negli Stati Uniti. Dieci anni dopo, nel 2000, viene condannato all’ergastolo per omicidio in Florida: prima viene rinchiuso in un “carcere di massima sicurezza” e poi nel South Florida Reception Center di Doral.

Il 1 marzo 2024 è stato annunciato il suo ritorno in Italia: dopo aver scontato 24 anni negli Stati Uniti, verrà rimpatriato e qui continuerà a scontare la sua pena. Vediamo che differenze ci sono tra l’ergastolo italiano e quello statunitense e come funziona la procedura di estradizione.

Chi è Enrico “Chico” Forti: la storia della condanna per omicidio

Ex surfista e produttore televisivo, Forti è stato condannato per l’omicidio di Dale Pike, ritrovato nudo su una spiaggia di Miami e ucciso a colpi di pistola.  Il 15 giugno 2000 un tribunale della Florida emette la sua sentenza: ergastolo senza libertà condizionale.

Dopo la condanna è scoppiato il caso mediatico, anche perché Forti è stato un personaggio piuttosto famoso: primo italiano a partecipare ai mondiali di windsurf, per poi dedicarsi alla produzione di documentari su sport estremi.

I suoi familiari hanno cercato per quasi 10 anni di ottenere una revisione del processo, presentando mozioni di appello e documenti contro le accuse ma senza alcun risultato.

Differenze tra il sistema giudiziario statunitense e italiano

Le autorità giudiziarie statunitensi non hanno mai accettato di riaprire il caso, sostenendo che l'assenza di nuove prove non avrebbe giustificato una revisione della sentenza,  tanto che nel 2009 il processo è stato definitivamente chiuso. La colpevolezza di Forti, quindi, non è mai stata messa in discussione. Inoltre i giudici americani temevano che se Forti fosse tornato in Italia non avrebbe scontato adeguatamente la pena.

Ma perché questo timore? Arriviamo qui alle differenze tra il sistema giudiziario statunitense e quello italiano.

L’ergastolo negli Stati Uniti

Negli USA l'ergastolo è previsto per crimini come l’omicidio, terrorismo e altri molto gravi e si distingue in due tipologie:

  • l’ergastolo con la condizionale (life sentence with parole);
  • e quello senza condizionale, (life sentence without parole).

Nella prima ipotesi, il detenuto avrà la possibilità di ottenere la libertà condizionale dopo un certo periodo, in base alle diverse leggi statali.

Ciò permetterà al detenuto di reinserirsi nella comunità, finendo di scontare la pena in condizioni di libertà vigilata. È importante sottolineare che si tratta solo di una possibilità e non di un diritto, perché non c’è la certezza che la condizionale gli verrà concessa.

Se nella sentenza si parla di “ 20 anni all’ergastolo”, vorrà dire che trascorso questo lasso di tempo, il condannato potrà richiedere la libertà condizionale, che gli verrà concessa o meno tenendo in considerazione diversi fattori tra cui la buona condotta, il tipo di reato commesso e quanto è alto il rischio che possa commetterlo di nuovo.

L’ergastolo “without parole” è invece quello che riguarda Forti, in cui non c’è alcuna possibilità di richiedere o ottenere la libertà condizionale. Il soggetto è condannato a rimanere in carcere per tutta la vita.

L’ergastolo in Italia

In Italia non esiste l’ergastolo senza la possibilità di libertà condizionale e questo è uno dei motivi per cui i giudici della Florida non volevano permettere il trasferimento di Forti.

L’unica pena simile è l’ergastolo c.d. ostativo, che non prevede alcuno sconto di pena e che viene dato principalmente per crimini di stampo mafioso. È quindi altamente improbabile che un tribunale italiano avrebbe condannato Forti all’ergastolo ostativo per omicidio.

Questa differenza dipende anche dai diversi principi alla base del sistema giuridico statunitense e quello italiano.
Se il primo è caratterizzato da un approccio “punitivo”, tanto che in 21 Stati su 50 esiste ancora la pena di morte, in Italia le cose sono ben diverse.

Il nostro sistema sanzionatorio ruota intorno al principio della rieducazione del condannato e, di conseguenza, a un suo possibile reinserimento nella società.

L’ergastolo è disciplinato dall’art. 22 c.p. ed è la pena più severa che possa essere comminata, l’extrema ratio a cui il giudice perviene quando il crimine non può essere punito diversamente. È però difficile che un detenuto sconti il carcere a vita, a meno che non si tratti di quello ostativo. Questo perché in base al comportamento che il condannato terrà in prigione, potrà ottenere o meno una riduzione della pena.

Ci sono diversi parametri per valutare la “buona condotta” del detenuto, come ad esempio

  • se ha dimostrato un comportamento irreprensibile che indica un chiaro ravvedimento per il crimine compiuto;
  • se si è messo a studiare e/o lavorare durante la detenzione;
  • se ha dimostrato interessamento verso le vittime del suo reato.

Queste riduzioni di pena possono portare addirittura a ottenere la completa libertà. Ma quali sono i passaggi per permettere a un ergastolano di tornare libero?

Permessi premio e libertà condizionale

Dopo almeno 10 anni di detenzione può ottenere i c.d. permessi premio, che gli permettono di uscire dal carcere per un massimo di 45 giorni all’anno, dovendo poi ovviamente rientrare nel penitenziario al termine del permesso: tutto ciò se ha mantenuto una buona condotta e ha dimostrato di non essere socialmente pericoloso.

Dopo 20 anni può invece ottenere la semilibertà, che gli permette di lavorare fuori dal carcere per poi rientrare a fine giornata.

Infine dopo 26 anni di detenzione e buona condotta può accedere alla cd. libertà condizionale (art. 176 c.p.): quindi potrà scontare il restante tempo della pena in libertà vigilata, fuori dal carcere.

In stato di libertà vigilata il detenuto

  • non può allontanarsi dal comune di residenza senza permesso;
  • non può possedere armi;
  • deve lavorare;
  • deve essere sempre reperibile.

Dopo tutto questo percorso e dopo aver trascorso 5 anni in libertà vigilata rispettando ogni obbligo, il detenuto potrà ottenere la piena libertà.

Come sconterà Forti la pena in Italia

Considerando gli anni già scontati negli Stati Uniti, Forti una volta rimpatriato potrebbe usufruire delle suddette agevolazioni. Fare già da ora ipotesi al riguardo potrebbe essere azzardato, perché ovviamente bisogna vedere come si svilupperà la vicenda processuale in Italia.

Se però volessimo attenerci a quanto previsto dalle norme italiane e facendo un calcolo in base a quanto è già noto, Forti ha già scontato 24 anni di carcere negli Stati Uniti: quindi, almeno in teoria, tra due anni potrebbe accedere alla libertà vigilata, anche e soprattutto perché durante il periodo di detenzione in Florida ha avuto una condotta irreprensibile.

Come funziona l’estradizione

L’estradizione è una forma di cooperazione tra gli Stati e permette al Paese X di richiedere al Paese Y di “restituirgli” una persona che si trova sul suo territorio.
I motivi della richiesta di estradizione possono essere due:

  • o per processare la persona nel territorio dello Stato X che fa la richiesta (estradizione processuale);
  • o perché possa scontare la pena sul territorio di X  (estradizione esecutiva).

L’estradizione è sia prevista dalla nostra Costituzione all’art. 26 sia da Trattati internazionali. In particolare tra Italia e Usa è in vigore un accordo del 2003 sulla Mutua Assistenza Giudiziaria tra Europa e Usa, oltre ad un Trattato bilaterale in vigore tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Italiana sulla Mutua Assistenza in Materia Penale firmato nel 1982.

Per richiedere l’estradizione c’è bisogno di un requisito base: la c.d. doppia incriminazione. Ciò implica che il fatto per cui una certa persona deve essere processata o deve scontare la pena, deve costituire reato tanto nello Stato richiedente quanto in quello destinatario della domanda di estradizione.

L’iter burocratico per l’estradizione è molto complesso. Già nel 2020 il Governatore della Florida Ron DeSantis, aveva accolto con riserva la richiesta di trasferimento in Italia avanzata da Forti. Questi aveva infatti sollevato l'istanza in base a quanto sancito dalla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, firmata tanto dal nostro Paese, quanto dagli Stati Uniti. Secondo la Convenzione, una persona condannata in un Paese può essere trasferita in un altro Paese per scontare la pena, se ricorrono le seguenti condizioni:

  • la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione;
  • la sentenza è definitiva;
  • il condannato deve scontare ancora almeno sei mesi della pena oppure è stato condannato a una pena indeterminata;
  • la persona condannata acconsente al trasferimentoil reato per cui la persona è condannata in uno dei due Paesi  costituisce reato anche nell’altro Paese;
  • lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento.

Questo accordo è stato raggiunto il 1° marzo 2024: la Presidente del Consiglio Meloni ha annunciato da Washington che la richiesta di trasferimento è stata firmata e che Forti potrà davvero terminare di scontare la pena in Italia. Si è trattato di una sorta di via libera per procedere con il trasferimento, che richiederà comunque mesi prima di essere completato. Di solito il Paese richiedente (l’Italia) invia la domanda con tutta la documentazione a supporto della richiesta: a quel punto lo Stato ricevente (la Florida) analizza gli atti ricevuti e può anche chiederne altri, se lo ritiene necessario. Dopo di che, visto che Forti ha origini trentine, la Corte d’Appello competente sarà quella di Trento e dovrà prima valutare la sentenza statunitense; poi “riconoscerla”, nel senso di accettarla; ed infine attuarla.

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Arianna Pacilli
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Laureanda in giurisprudenza, con profilo penalistico. Mi interessano le evoluzioni del diritto connesse alle nuove tecnologie e ai cambiamenti della società. Con Lexplain divulgo temi giuridici, affinché il diritto non risulti una materia astratta e comprensibile a pochi ma uno strumento necessario per muoversi nella vita di tutti i giorni.
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