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Il sogno del Bronx di San Giovanni a Teduccio, aspettando le nuove case: “Vogliamo un quartiere che dia opportunità”

Tra le ‘stecche’ di Taverna del Terro in attesa delle nuove case e dell’abbattimento del Bronx di Napoli. Tra degrado ed abbandono, chi vive qui lotta per il proprio futuro, che non è solo una casa nuova.
A cura di Antonio Musella
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Il rione popolare di via Taverna del ferro, alla periferia est di Napoli nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, è stato costruito con la legge 219 dell'81. La legge che diede il via alla ricostruzione dopo il terremoto del 1980 che colpì la Campania, e che negli anni vedrà sorgere dei veri a propri ghetti, espandendo a dismisura nella periferia della città da nord a est, e nell'area metropolitana partenopea, blocchi di cemento armato deperibile, senza servizi, senza manutenzione, che ben presto divennero i fortini della criminalità organizzata. Fu la legge che creò i ghetti, come il Parco Verde a Caivano e come gran parte del quartiere di Scampia, ma anche di Marianella, Miano, Piscinola, Ponticelli.

Le due "stecche" di via Taverna del ferro sono una accanto all'altra con un piccolo spiraglio di luce tra di loro. Dovevano durare per pochi anni, poi gli inquilini sarebbero dovuti essere ricollocati in nuove abitazioni. Una situazione provvisoria che invece è durata 40 anni, portando con se degrado, inquinamento, malattie e miseria.

Da qualche settimana, dopo 4 decenni, è partito il cantiere della ricostruzione, quello che vedrà nascere un nuovo quartiere rigenerato con palazzi di 3 o 4 piani, aree verdi, impianti sportivi, locali commerciali, e vedrà finalmente l'abbattimento di quello che per tutti a Napoli è "il bronx". Fanpage.it è andata a raccogliere i sogni e le aspirazioni di chi vive a via Taverna del ferro e tra circa due anni si trasferirà nelle case nuove.

"L'acqua è il nostro incubo, qui mai fatta manutenzione"

Quando entri nel "bronx" di via Taverna del ferro ti accoglie subito un odore fortissimo. Chi ci vive non ci fa più caso, ma se vieni da fuori non puoi non notarlo. E' un odore di acqua stantia. Gli abitanti del comitato di lotta di Taverna del ferro, ci mostrano da dove arriva: si tratta di un canalone coperto collegato ai garage, dove vengono raccolte le acque piovane che ristagnano lì.

"Nei garage non ci va più nessuno, troppo pericoloso, troppi topi, ma la puzza di acqua stagnante risale per i palazzi" ci spiegano. "L'acqua è sempre stata la nostra croce – ci spiega Rosaria Cordone, del Comitato – non solo per le infiltrazioni dovute alle acque piovane, ma anche perché queste palazzine sono state costruite con i tubi dell'acqua che passano sopra i tetti, quindi le perdite causano delle infiltrazioni che partono dall'altro e scendono per tutti i piani". Qua la manutenzione praticamente non è mai stata fatta. "Prima c'era la Romeo gestioni negli anni novanta e duemila, poi è subentrata la Napoli Servizi, ma qui siamo sempre stati dimenticati da tutti" ci dice Rosaria. Andiamo a casa di Elio Zeppa che vive al secondo piano della "stecca" di destra, quella che è rivolta verso il mare di San Giovanni a Teduccio e dagli ultimi piani ci si affaccia sulla spiaggia di Vigliena. Anche la salsedine ha contribuito a erodere i prefabbricati di cemento armato.

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A casa di Elio una macchia nera come la pece si staglia sul soffitto dell'ingresso e prosegue fino al bagno. "Sta così da almeno 4-5 anni, non è mai venuto nessuno – ci dice – io per anni ho protestato al Comune, ma solo 3-4 mesi fa per la prima volta sono venuti a vedere il danno per intervenire". Stessa situazione si trova anche nella "stecca" di destra, dove agli ultimi piani le infiltrazioni avvolgono completamente alcune stanze, anche quelle dove dormono i bambini. "Certo ci può essere anche incuria o qualcuno che è incivile – sottolinea Rosaria Cordone – ma se per anni non fa la manutenzione è normale che poi vive nel degrado assoluto, e vivere in queste condizioni influisce sulla vita delle persone".

I locali commerciali una volta erano pieni, c'erano i negozi. Poi con gli anni è stato tutto in gran parte abbandonato. Ma non solo, questi prefabbricati contenevano anche amianto. "Qui abbiamo pagato anche in termini di vite – ci dice Rosaria Riccardi, anche lei abitante del "bronx" – molte persone qui sono morte di tumore per l'amianto, e ancora oggi molte persone sono malate di tumore tra gli abitanti di queste palazzine. Qualche hanno fa vennero a togliere l'amianto, ma il danno resta". In questo universo parallelo lungo un paio di centinaio di metri e largo poco più di un vicolo del centro, la luce del Sole entra a fatica. Ma dopo anni di buio e assenza di speranza la luce si è riaccesa con il progetto di abbattimento e ricostruzione dell'intero rione.

Infiltrazioni nelle case di via Taverna del ferro
Infiltrazioni nelle case di via Taverna del ferro

Così cominciò la lotta: "Andammo a prendere il Sindaco di peso"

Il 1° Maggio del 2018, l'allora Sindaco Luigi de Magistris era a poche centinaia di metri dal "bronx" ad inaugurare una nuova via intitolata agli anarchici Sacco e Vanzetti. "Con alcuni abitanti lo andammo a prendere proprio di peso – ci racconta Rosaria Cordone – lo portammo qui e gli facemmo vedere dove vivevamo. Lui rimase allibito. Noi invece rimanemmo molto delusi dal fatto che l'amministrazione comunale non sapeva nemmeno che noi vivessimo qui, ed in queste condizioni". Da lì nasce l'idea del progetto di abbattimento e ricostruzione, sullo stesso modello delle Vele di Scampia. Si iniziò così a redigere il progetto, che poi l'amministrazione di Gaetano Manfredi ha portato avanti ottenendo il 70% dei finanziamenti per l'intera opera dai fondi del PNRR.

Un altro 30% sarà invece messo dalla Città Metropolitana di Napoli. Un progetto di nuova vita per un quartiere che prima era considerato territorio esclusivo della camorra, poi negli anni più recenti, ricordato solo per i murales giganteschi di Diego Armando Maradona sul lato Sud, e di Che Guevara sul lato Nord. "Qua non si tratta solo di costruire case – sottolinea Rosaria – qua si tratta di rigenerare un quartiere, ci saranno 360 alloggi nuovi, ma anche campi di calcio, aree verdi, spazi di socialità. Qui non abbiamo solo il problema dell'emergenza abitativa, ma anche quello della disoccupazione dilagante, e l'idea è che un quartiere nuovo e fatto a misura d'uomo, può dare più opportunità di lavoro".

Da qualche settimana è stata delimitata l'area di cantiere per la costruzione dei primi nuovi alloggi. Sorgeranno dove un tempo c'era un campetto di calcio con gli spogliatoi, anch'esso finito poi in stato di abbandono. Le prime case saranno consegnate ad aprile – maggio 2025, poi si procederà all'abbattimento della prima "stecca", quella di sinistra, e alla costruzione del secondo lotto di appartamenti per liberare anche la seconda "stecca" e completare il progetto.

Il murales di Diego Armando Maradona, realizzato da Jorit sulla facciata sud
Il murales di Diego Armando Maradona, realizzato da Jorit sulla facciata sud

"Ricominciamo da capo, vogliamo un quartiere che dia opportunità"

Mentre in tanti in città hanno avviato un acceso dibattito sul futuro del murale di Maradona, disegnato sulla facciata del rione qualche anno fa da Jorit, chi in queste case ci vive da 40 anni non fa altro che sognare il futuro ed augurarsi che quei mostri di cemento vengano abbattuti del tutto. "Bisogna abbattere, abbattere tutto, non deve restare nemmeno una pietra – ci dice Rosaria Riccardi – dobbiamo ricominciare da capo. Noi vogliamo un nuovo quartiere e lo vogliamo qui, vogliamo che sia un posto dove vivere dignitosamente, questo è certo, ma che sia anche occasione di opportunità per i nostri figli, per i giovani, questo è quello di cui abbiamo bisogno. Non importa in quale settore arrivi la possibilità di costruire qui una vita con un lavoro e con dignità per i giovani, l'importante che è questa opportunità ci sia". Anche Elio, nonostante la giovane età, pensa al futuro per le prossime generazioni: "Io sono giovane ma credo di aver visto abbastanza, il mio sogno per il nuovo rione è che i nostri figli non debbano vivere come abbiamo vissuto noi".

Speranze, sogni e progetti, che partono tutti dalla casa nuova ma che investono inevitabilmente la vita delle persone. Perché così come quella legge 219 del 1981 rinchiuse centinaia di migliaia di persone in ghetti che sarebbero divenuti poi i fortini della criminalità organizzata, così la rigenerazione urbana partecipata tra istituzioni pubbliche e cittadini, può essere la liberazione di questi territori. A Scampia, dove è in corso il progetto "Restart" di abbattimento delle Vele e la costruzione di nuovi alloggi, sta funzionando. Può e deve funzionare anche a San Giovanni a Teduccio. "Quello che stiamo provando a fare, anche insieme all'amministrazione – spiega Rosaria Cordone – è il tentativo di dare una svolta a questo quartiere, la rigenerazione è servizi per i cittadini, è possibilità di futuro, questa è la nostra lotta".

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