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Centri di salute mentale a Napoli, a rischio le attività sociali: “Passo indietro di cinquant’anni”

L’Asl internalizza il servizio, a rischio 1000 posti di lavoro e le attività sociali. Una utente: “Queste attività mi hanno aiutato tanto, senza queste vedrò solo dei medici”
A cura di Antonio Musella
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Sono circa una decina i centri di salute mentale della città di Napoli, nati dopo la legge Basaglia (1978) che ha chiuso i manicomi nel nostro Paese ed ha promosso l'apertura dei centri territoriali dove gli utenti vengono indirizzati, oltre alle cure mediche, anche ad attività di riabilitazione sociale. L'Asl Napoli 1 ha deciso di tagliare la collaborazione con gli enti del terzo settore che da decenni gestiscono i centri, internalizzando il servizio.

Sicuramente una notizia positiva perché ci saranno nuove assunzioni, ma quello che preoccupa principalmente le famiglie degli utenti è il rischio che si perda un modello di cura che è stato costruito in 30 anni, quello che ha visto la costruzione di una rete sociale intorno agli utenti dei centri, capace di proiettarli in attività quotidiane di socialità, arte, sport e cultura.

Il nuovo modello, questo è l'allarme lanciato dal terzo settore, rischia di rendere i centri di salute mentale luoghi in cui si svolge solo la pratica medica, mettendo a rischio quel percorso di riabilitazione sociale che ha prodotto tanti risultati nel metodo di cura del disagio mentale. Siamo andati al centro "La gatta blu" di Scampia, per capire insieme ad utenti ed operatori, cosa sta avvenendo e cosa si rischia di perdere per sempre.

"La rete sociale rompe l'isolamento, si rischia di perdere tutto"

Il centro "La gatta blu" di Scampia nasce per iniziativa del prof. Sergio Piro, uno dei medici "basagliani" più importanti del nostro paese in materia di cura della salute mentale, ed è oggi gestito dalla cooperativa Era. Non si tratta solo di un luogo di trattamento sanitario, qui gli utenti vengono assistiti dalla parte medica garantita dal servizio pubblico, ma per loro vengono costruiti soprattutto dei percorsi fatti di una serie di attività sociali che contribuiscono la benessere psicofisico, alla costruzione di legami, amicizie, e ad infondere solidità ad esistenze più fragili di altre.

"Quando è stata imposta la chiusura dei manicomi con la legge Basaglia, siamo nati noi" ci racconta Letizia Alfano della cooperativa Era. "Dal giugno scorso la Asl Napoli 1 sta scorrendo la graduatoria per l'assunzione di operatori, quindi per internalizzare il servizio. Noi non critichiamo chiaramente il fatto che il pubblico assuma, ma i centri sono stati costruiti prevedendo che l'Asl si occupi della parte medica e gli enti del terzo settore della parte sociale, il rischio vero è che rimanga solo la parte medica". A rischio ci sono anche 1000 posti di lavoro che andrebbero persi entro il 2024, ovvero tutti gli operatori delle cooperative che lavorano nei centri di salute mentale della città. Ma quali sono le attività ed i percorsi che vengono garantiti dal lavoro delle cooperative? "Il nostro è un modello di cura costruito in 30 anni – ci dice Alfano – noi abbiamo costruito delle reti territoriali con associazioni sportive, culturali, enti di promozione sociale che garantiscono una serie di attività esterne che sono il cuore del percorso di cura per gli utenti. Mi viene difficile immaginare che il tutto possa essere svolto solo dal pubblico con orari di ufficio e i badge che vanno timbrati".

Gli utenti della "Gatta blu" praticano il calcio, al centro sportivo dell'Arci Scampia in via Fratelli Cervi, realizzano installazioni artistiche nel giardino di "Pangea" uno spazio pubblico di via Hugo Pratt, prendono parte a laboratori di scrittura, poesia, stanno realizzando una mappa delle opere d'arte del territorio, e vengono coinvolti nelle tantissime attività sociali e di promozione culturale del territorio. La prossima tappa, come ogni anno, sarà il Carnevale del Gridas, uno dei carnevali sociali più importanti e longevi d'Italia.

"La rete fa questo – ci spiega Maria Reitano della Rete Pangea – tira fuori dal centro, abbatte quelle mura e sovverte l'isolamento degli utenti. Senza la rete sociale resta solo l'isolamento per queste persone, resta solo il trattamento all'interno di un centro chiuso e il dover fare i conti con lo stigma sociale senza avere dei percorsi di inclusione che gli permettano di sovvertirlo quello stigma". Nel giardino di "Pangea" ci sono le opere d'arte realizzate dagli utenti: "Sono installazioni ispirate a delle favole – racconta Giovanni Chianese, operatore della "Gatta blu" ed artista – non sono solo opere, sono dei percorsi, che hanno bisogno anche di tempo e ci danno la possibilità di far tirare fuori quello che si ha dentro. L'arte è comunicazione, ci permette di esprimere anche quello che è fuori dal nostro pensiero. Senza le cooperative tutto questo sarebbe difficilmente realizzabile".

Un momento delle attività sportive degli utenti sui campi dell'Arci Scampia
Un momento delle attività sportive degli utenti sui campi dell'Arci Scampia

La testimonianza: "Senza tutto questo vedrei solo dei medici"

Vittoria Tammaro è una degli utenti del centro "Gatta blu", ed ha deciso di raccontare a Fanpage.it la sua personale esperienza. "La mia storia inizia quando avevo 13 anni, con i primi attacchi di panico per un coming out che avevo paura di fare, da li inizia la mia storia di dolore". Incontriamo Vittoria mentre insieme agli altri utenti è intenza a realizzare una mappa delle opere d'arte di Scampia, una attività collegata alla promozione dell'eco museo diffuso del quartiere.

"All'inizio doveva essere solo una mappa delle opere d'arte – spiega Maria Reitano – ma poi ci siamo resi conto che le tappe di questa mappa erano proprio i percorsi soggettivi degli utenti, le attività che svolgevano, le emozioni che provavano, e metterle per iscritto, metterle su una mappa, da la possibilità di visualizzare il percorso che si sta facendo che è un percorso di comunità e reciprocità in una relazione fortissima con il territorio e la rete sociale". Vittoria nel suo percorso di riabilitazione sociale ha scoperto anche passioni che non immaginava di avere: "Io ho imparato i colori ad esempio, ma anche a lavorare la ceramica, ho soprattutto imparato che posso scrivere, scrivere sempre ogni volta che voglio e che la scrittura è libertà ed io amo la libertà", ci dice. "Si mi piace anche la poesia, negli anni queste attività mi sono servite tantissimo, qui sono nati anche legami, non solo con gli operatori ma anche con gli altri. Amicizia ma anche amore. Così grazie agli operatori ho iniziato ad esprimere il meglio di me".

Per altri invece c'è il calcio, quello svolto sui gloriosi campi dell'Arci Scampia, ad oggi una delle scuole calcio più importanti della città capace di sfornare campioni che oggi giocano in serie A e serie B. "Sono anni che li ospitiamo – ci dice il presidente Antonio Piccolo loro qui fanno gli allenamenti, ma anche i tornei regionali e anche quelli nazionali. Questa è la dimostrazione che il calcio è terapeutico per tutti". Una rete solida che è l'ossatura del lavoro che gli enti del terzo settore applicano in tutti i centri di salute mentale. "Se resta solo la parte medica noi rischiamo di regredire pericolosamente – sottolinea Alfano – cioè rischiamo di tornare a prima di Basaglia". Un allarme da non sottovalutare, come non si può sottovalutare la reazione degli utenti, come Vittoria: "La mia vita cambierebbe in peggio, significherebbe togliermi uno spazio in cui svolgo le mie passioni, in cui creo legami ed amicizie, incontrerei solo dei medici".

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