Immagini di minori sui social: cos’è lo sharenting e che conseguenze può avere

Ogni giorno vengono pubblicate centinaia di immagini di minori sui social network. Questa pratica è definitiva "sharenting" e implica una serie di rischi, anche gravi, per i minori. Per questo motivo, è bene che i genitori siano informati sulle conseguenze derivanti dall’utilizzo incontrollato dei social.

26 Agosto 2023
17:00
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Immagini di minori sui social: cos’è lo sharenting e che conseguenze può avere
Avvocato
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Ogni giorno vengono pubblicate centinaia di immagini di minori sui social network.

Questa pratica reca una serie di rischi che devono essere tenuti bene a mente, in quanto il minore gode di una protezione particolare da parte dell’ordinamento.

Si tratta di una serie di norme con cui si mira a garantire il corretto sviluppo del minore e la difesa dello stesso da abusi di ogni genere.

Per questo motivo, è bene che i genitori siano informati sulle conseguenze derivanti dall’utilizzo incontrollato dei social.

La tutela della privacy del minore

La tutela della privacy del minore deve essere realizzata nel contesto della normativa posta, in primo luogo, con il Codice civile, all’art. 10, ove è stabilito, che: “Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli  sia  stata  esposta  o  pubblicata  fuori  dei  casi  in   cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla  legge  consentita,  ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona  stessa  o dei  detti   congiunti,   l'autorità   giudiziaria,   su   richiesta dell'interessato,  può disporre  che  cessi   l'abuso,   salvo  il risarcimento dei danni”.

Testi normativi di riferimento sono, inoltre, il Codice della privacy (D.lgs. n. 196/2003) come modificato dal Decreto Legislativo 10 agosto 2018, n. 101 e il Regolamento europeo n. 2016/679.

L’art. 9 del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2021, n. 2055, ha introdotto l’art. 144-bis al Codice privacy, ove è stabilito, nell’ottica della prevenzione del “revenge porn”, che “chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso ha facoltà di segnalare il pericolo”.

Nel Regolamento europeo è disposto, tra l’altro, che: "i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali" (Considerando n. 38 Regolamento UE 679/2016).

Nello stesso Regolamento è stabilito all'art. 8, che la pubblicazione di immagini del minore di età inferiore a 14 anni è lecita, ma il consenso deve essere prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale.

Il Testo unico dei servizi di media audiovisivi (D.Lgs. 08/11/2021, n. 208, adottato in attuazione delle disposizioni di cui alla legge di delegazione europea 2019-2020) predispone una tutela, anche a favore dei minori, fondata sulla consapevolezza dell’evoluzione tecnologica e delle sue conseguenze.

Vanno inoltre considerate le fonti sovranazionali in tema di tutela dei diritti del fanciullo.

In particolare, la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176.

Nella Convenzione ONU è sancito, tra l’altro, il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.

E’ riconosciuta al fanciullo la libertà di pensiero e di espressione.

Il 2 marzo 2021 il Comitato per i Diritti del Fanciullo presso le Nazioni Unite ha redatto il Commento Generale n. 25, ove sono stati codificati una serie di principi generali volti a garantire i diritti dei minori in relazione all’ambiente digitale.

La relazione è disponibile sul sito del Garante della privacy al seguente link: https://www.garanteprivacy.it/temi/minori/sharenting

Nella Relazione sono indicati i “quattro assi fondamentali” su cui il Comitato chiede agli Stati di intervenire:

  • il principio di non discriminazione”, in base al quale a “tutti i bambini deve essere garantito l’accesso all’ambiente digitale in modi a essi adatti e comprensibili, così da non essere discriminati e/o esclusi dall’utilizzo delle tecnologie digitali e dei servizi di comunicazione”;
  • il “superiore interesse del minore”, che consiste nel “tenere sempre in primaria considerazione in tutte le azioni che riguardino la previsione, la regolazione, il design, la gestione e l’uso dell’ambiente digitale, dal quale consegue che gli Stati dovrebbero fare riferimento a tutti i diritti dei minori, compresi quelli di cercare, ricevere e diffondere informazioni, di essere protetti da eventuali danni e il diritto che ai loro punti di vista sia dato il giusto peso”;
  • il “diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo”, che richiede “di adottare tutte le misure atte a proteggere i bambini da rischi relativi a contenuto, contatto, condotta e contratto che comprendono, tra le altre cose, contenuti violenti e di natura sessuale, attacchi cibernetici e molestie, gioco d'azzardo, sfruttamento e abuso, inclusi sfruttamento e abuso sessuale, l’incitamento e l'istigazione al suicidio o  ad attività potenzialmente letali”;
  • il “rispetto delle opinioni del minore”, in quanto “la digitalizzazione può fornire allo stesso l’opportunità di far sentire la propria voce sulle questioni che lo riguardano e, d’altra parte, l’uso delle tecnologie digitali può favorire la partecipazione dei minori a livello locale, nazionale ed internazionale”.

Le autorità preposte alla vigilanza in questo ambito sono diverse.

Un esempio è rappresentato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza istituita con la legge n. 112 del 12 luglio 2011, con il compito di garantire la tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti in attuazione della Convenzione di New York.

Altro esempio è costituito dal Garante per la protezione dei dati personali,  un'autorità amministrativa indipendente istituita dalla legge sulla privacy (legge 31 dicembre 1996, n. 675), poi disciplinata dal Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003 n. 196), come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101.

Cos'è lo sharenting

La parola “sharenting” deriva dall’inglese ed è la sintesi di due termini: “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità).

E’ la pratica, attualmente molto diffusa, di condividere immagini, video e informazioni di ogni genere dei propri figli sui social.

Quali sono i rischi dello sharenting

Molti genitori tendono a condividere le immagini quotidiane dei figli sui social senza badare alle possibili conseguenze.

Diffondere immagini, video e informazioni di minori in rete può comportare una serie di rischi anche gravi.

Quali conseguenze può avere

Le immagini o i video dei minori sui social possono essere utilizzate da malintenzionati per svariate motivazioni:

  • possono essere modificate e divenire materiale pedopornografico suscettibile di diffusione;
  • possono essere oggetto di furto d’identità;
  • possono essere utilizzate nell’ambito di gruppi social in cui viene praticato il cyberbullismo;
  • possono essere utilizzate per ottenere informazioni sui minori al fine di adescarli.

La pubblicazione di informazioni dei minori sui social, inoltre, contribuisce alla creazione della loro identità digitale, un’identità costruita da terzi (i genitori).

I minori non hanno, cioè, alcuna voce in capitolo sul punto, almeno fino al raggiungimento dell’età cosciente.

Sul punto sono molto importanti le valutazioni effettuate dal Garante della privacy disponibili al seguente link:

https://www.garanteprivacy.it/temi/minori/sharenting

Si può leggere, tra l’altro che:

È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro”.

Il minorenne può pubblicare sue foto sui social?

Il minorenne può pubblicare proprie foto sui social network senza il consenso dei genitori dal compimento dei 14 anni.

Anche i terzi che intendono pubblicare immagini del minore, sono tenuti a chiedere il consenso allo stesso che abbia compiuto i 14 anni.

Prima del compimento dei 14 anni è necessario chiedere il consenso dei genitori.

La giurisprudenza sul punto ha chiarito che è necessario il consenso di entrambi i genitori.

Nell’ipotesi in cui vi sia il dissenso di uno dei genitori, infatti, le immagini non possono essere pubblicate.

Casi giurisprudenziali

Il Tribunale di Rieti, con sentenza del 15 ottobre 2022, n. 443 ha effettuato una quantificazione del danno risarcibile in considerazione dell'elevato “numero di fotografie (ben 52, oltre alle 2 presenti nel video) complessivamente pubblicate dalla sig.ra (…), sul proprio profilo e ritraenti i minori nell'ambito della loro vita privata, tra l'altro, anche da soli, in primo piano e in costume da bagno”.

Il Tribunale ha sottolineato vari elementi rispetto alla condotta attuata dal soggetto che ha pubblicato foto “in relazione alla accessibilità alle foto da parte di una platea potenzialmente sterminata, quale è quella costituita dagli utenti di facebook e, di conseguenza, alla diffusività della condotta lesiva; elementi, tutti, che consentono di presumere l'esistenza del pregiudizio di che trattasi”.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 23 dicembre 2017 ha sospeso, “a causa delle condotte gravemente pregiudizievoli per l’interesse del figlio, poste in essere da entrambi i genitori” la responsabilità genitoriale degli stessi.

Ha chiarito il Tribunale che “è vietata alla madre la diffusione in social network, comunque denominati, e nei mass media delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo al figlio”.

Occorre infatti considerare la volontà del minore quando la stessa è “esplicitazione delle proprie aspirazioni, di un vero e proprio progetto di vita, non privo di risvolti esistenziali e affettivi, sorretto da una fortissima volizione, desumibile dalle insormontabili difficoltà manifestatesi in sede esecutiva”.

Il Tribunale di Mantova, con ordinanza del 19 settembre 2017 ha invece stabilito che la pubblicazione, da parte del genitore, di numerose foto dei figli sui social network, costituisce una violazione della norma di cui all'art. 10 c.c., nonché del combinato disposto degli artt. 4, 7, 8 e 145, D.Lgs. n. 196 del 2003 e degli artt. 1 e 16, comma 1, della Convenzione di New York del 20.11.1989 ratificata dall'Italia con legge n. 176 del 1991.

Inoltre tale comportamento è potenzialmente pregiudizievole per i minori in quanto determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, le quali possono essere malintenzionate e avvicinare i bambini dopo averli visti in foto on-line.

Il Tribunale ha sottolineato, inoltre, che le foto possono anche essere modificate al fine di trarne materiale pedopornografico.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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