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I braccianti scendono in piazza per Naceur, morto di caldo: “Nei campi non sai mai quante ore lavorerai”

Manifestazione di braccianti e sigle sindacali per ricordare Naceur, il bracciante morto di caldo mentre raccoglieva angurie nei campi. Tante le testimonianze di chi lo conosceva, ma anche di chi non l’ha mai incrociato e ha deciso comunque di unirsi alla protesta.
A cura di Alessandro Ricci
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C’erano tutti a Viterbo per ricordare Naceur Messaoudi, il bracciante 57enne tunisino morto mentre raccoglieva angurie nel giorno più caldo dell’anno. C’erano i braccianti Sikh dell’Agropontino, c’erano i tunisini delle campagne del viterbese e gli indiani che lavorano nelle serre del litorale romano. Tutti gli ultimi, gli invisibili che portano la frutta e la verdura sulle nostre tavole, spesso sfruttati e con condizioni di lavoro estreme. Uniti per ricordare un collega morto, alla manifestazione di ieri organizzata da Cgil, Cisl e Uil, ma anche per protestare, raccontano, contro un sistema che fa dello sfruttamento una prassi.

“Questa mattina mi sono svegliato alle 6 per lavorare, ma sono ugualmente qui, perché anche se non conoscevo Naceur, lui era un fratello, uno sfruttato, proprio come noi che siamo qui”, urla dal palco Giorgio (nome che si è dato in Italia), Sikh che lavora nelle serre di Ladispoli, dove la temperatura supera i 40 gradi e i turni di lavoro sono massacranti. “È dura, troppo dura lavorare così. Ieri ho lavorato 15 ore e ho guadagnato 60€”. E a Giorgio è andata bene perché ha tutti i documenti in regola, chi non ha questo privilegio si ritrova a guadagnare tra i 2€ e i 3€ l’ora, quando viene pagato. “Siamo spesso senza acqua, sotto il sole e quando ci viene data dell’acqua è spesso calda” continua Giorgio. Sono un gruppo di una decina di braccianti, non tutti parlano italiano, ma sempre un ottimo inglese. Si riconoscono dal turbante tipico. Sono coloro che si incontrano in bici lungo le strade che costeggiano il mare, che sia la provincia di Latina, quella di Roma o di Viterbo.

Giorgio (nome che si è dato in Italia), bracciante
Giorgio (nome che si è dato in Italia), bracciante

Ed è proprio la provincia di Viterbo ad essere salita agli onori della cronaca in seguito alla morte di Naceur, morto di caldo mentre lavorava a nero per un caporale. Qui, nella sola provincia di Viterbo secondo FLAI-CGIL lavorano 9.000 braccianti, che si occupano della raccolta delle angurie d’estate e degli asparagi in inverno, spesso in nero e sfruttati. “Quando lavori nei campi non sai mai quante ore fai  e lavori sempre sotto il sole, la campagna è così”, afferma Abilrahmen Iasoued, da quarant’anni in Italia, da quarant’anni nei campi. Il volto scolpito dal sole, le mani grandi nonostante la corporatura minuta. Era un caro amico di Naceur e porta ancora con sé tutto il dolore della perdita di un compagno.

Abilrahmen Iasoued, bracciante amico di Naceur
Abilrahmen Iasoued, bracciante amico di Naceur

“Ci sono molti che fanno 10-12 ore al giorno con paghe misere. I caporali con la partita IVA prendono le commesse e poi portano le persone a lavorare per 4-5€ l’ora, mentre loro vengono pagati per 10€ a lavoratore. C’è molto sfruttamento in questa zona. Indiani, pachistani, tunisini, marocchini, tutti”, continua Abilrahmen mentre si chiede se il sistema dei controlli funzioni.

Stefano Morea, segretario FLAI-CGIL Roma e Lazio
Stefano Morea, segretario FLAI-CGIL Roma e Lazio

E sui controlli insiste anche Stefano Morea, segretario FLAI-CGIL per Roma e Lazio. “Noi chiediamo che vengano fatti più controlli e che non vengano controllate sempre le solite aziende che sono in regola”.  Secondo Morea, il caso di Naceur è riuscito a portare alla luce un fenomeno che, almeno nella provincia di Viterbo, non era molto conosciuto. Lo sfruttamento, che viene denunciato ormai da anni dal sindacato confederale, è così diffuso che “è complicatissimo oggi attestare che un prodotto sui banchi del supermercato non sia macchiato da uno dei fenomeni di illegalità che invadono l’agricoltura”, continua Morea.

Ultimo a salire sul palco Jlassi Lamine, anche lui bracciante, cugino di Naceur. Tra le bandiere di Cgil, Cisl e Uil ricorda Naceur, venuto in Italia per mantenere la propria famiglia in Tunisia. Una moglie, 2 figlie, 2 sorelle, di cui una invalida, che sono rimaste senza un marito, un padre, un fratello e senza nessuna forma di sostentamento. Gli ultimi, uniti, si sono ritrovati nella speranza che la prossima volta non sia per ricordare un fratello scomparso e per ricordare che spesso dietro alla frutta, che è sulle nostre tavole, ci sono i loro volti: quello di Naceur, di Giorgio, di Abilhrahmen e degli altri 9.000 che lavorano nella sola provincia di Viterbo.

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