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Nella Sicilia del Ponte sullo Stretto, per fare 300 chilometri in treno ci vogliono dieci ore

Mentre il Ponte sullo Stretto torna di attualità, Fanpage.it ha tentato un test delle infrastrutture ferroviarie siciliane: dieci ore per 300 chilometri.
A cura di Luisa Santangelo
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L'incendio all'aeroporto internazionale di Catania costringe migliaia di cittadini, ogni giorno, a fare i conti con gli altri scali di Sicilia. Le fiamme che hanno reso inservibile il Terminal A dell'aerostazione di Fontanarossa, nel capoluogo etneo, hanno contemporaneamente costretto agli straordinari gli aeroporti di Comiso, Palermo Punta Raisi e Trapani Birgi. E mentre turisti e siciliani, per spostarsi da e per l'Isola, facevano i conti con voli cancellati e aerei dirottati, è arrivata l'emergenza incendi. I roghi attorno a Cinisi hanno costretto, la scorsa settimana, l'aeroporto di Punta Raisi a chiudere i battenti fino al cessato allarme.

L'ennesimo schiaffo per la mobilità siciliana: tra una promessa di Ponte sullo Stretto e l'altra, la riduzione della capacità di atterraggi e partenze del Vincenzo Bellini di Catania è servita anche a mostrare all'Italia, in piena stagione turistica, le difficoltà di spostamento tra una punta e l'altra della Sicilia. "Se mi dirottano a Trapani? Oddio, speriamo di no", dice chi è in attesa di partire dalla città dell'Etna per raggiungere la meta delle proprie vacanze. Perché raggiungere Trapani da Catania è un viaggio prima del viaggio, che Fanpage.it ha testato in treno, il 9 giugno 2023. Più di dieci ore, molte delle quali su un monobinario non elettrificato, su convogli che spesso si muovono a gasolio, fatte prima ancora che la tratta diventasse, come in questi giorni, indispensabile per lasciare l'Isola o arrivarci.

Così, tra un'emergenza e l'altra, il dibattito pubblico siciliano è tornato ad attorcigliarsi ancora attorno al Ponte sullo Stretto. L'opera pubblica più discussa della storia d'Italia: un'unica campata, un collegamento possibile da Messina a Villa San Giovanni. Senza traghetti. Senza traversata via mare. Un piano che si inserisce, dice il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, in un quadro fatto di 28 miliardi di investimenti, "tra strade, autostrade e ferrovie in Sicilia". Avvio lavori nel 2024, fine nel 2030. Un modo per rispondere alla critica più frequente che arriva, soprattutto, dai siciliani: che ce ne facciamo del Ponte se poi le infrastrutture interne restano un colabrodo? Di buone intenzioni, puntellate da aspiranti cattedrali nel deserto, sono per il momento lastriscate una parte sostanziosa delle principali vie di collegamento isolane.

La vita quotidiana a bassa velocità

"Il mio compagno gestisce un piccolo albergo a Ragusa", spiega Lorena. È ragusana anche lei, ma frequenta una scuola di specializzazione a Palermo. Così, molto più spesso di quanto vorrebbe, si sposta in treno da Ragusa al capoluogo di regione. "Credo che la mia sia la provincia messa peggio di tutta la Sicilia: non abbiamo un'autostrada che ci collega con Catania, non abbiamo una ferrovia Ragusa-Catania. Non esiste il Ragusa-Agrigento. Abbiamo a malapena un Ragusa-Siracusa".

Lorena è arrivata alla stazione di Palermo centrale intorno alle 13. È partita dalla sua città, è arrivata a Caltanissetta Xirbi e poi lì ha cambiato treno e si è fermata nel capoluogo. Se avesse voluto proseguire il suo viaggio per un altro centinaio di chilometri, avrebbe dovuto mettere in conto ancora più ore sui binari: "Non ho mai pensato di arrivare a Trapani in treno", ammette.

La traversata della Sicilia

Partendo da Catania per fare lo stesso tragitto, quando lo ha fatto Fanpage.it, intanto, bisogna fare i conti con la soppressione di alcune parti della tratta Palermo-Caltanissetta-Catania, per lavori di ammodernamento della rete: il raddoppio del binario. Il viaggio in treno comincia, in realtà, con un autobus sostitutivo della compagnia Flixbus, in partenza dallo spiazzo di fronte alla Stazione centrale.

Per un centinaio di chilometri bisogna percorrere l'autostrada in bus, poi arrivare alla stazione di Caltanissetta Xirbi e, da lì, finalmente salire sul treno. "Anche considerando lo stato generale delle infrastrutture in Sicilia, questa è una delle tratte più vecchie", afferma un giovane ingegnere nisseno che lavora a Palermo.

"Non mi piace spostarmi in automobile, preferisco potere lavorare anche quando sono in treno. Per fortuna, dopo il crollo del ponte, la situazione è migliorata". Il 10 aprile 2015 il crollo del Viadotto Himera, sull'autostrada A19, ha segnato un punto di svolta per le ferrovie in Sicilia: con l'autostrada spezzata a metà tra Palermo e Catania, Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana hanno aggiunto nuovi treni e un nuovo collegamento tra le due principali città della Sicilia.

"È paradossale che sia stato un crollo a migliorare la situazione". Se quello dell'Himera è servito per rendere il transito tra Catania e Palermo un po' più veloce, un'altra frana ha invece complicato ulteriormente il trasporto su binari: nel 2013 è stata chiusa la via Milo, cioè il collegamento diretto tra Palermo e Trapani. Una tratta interrotta da dieci anni e per il cui ripristino i lavori sono stati appaltati solo a febbraio 2022.

Le due città distano appena 110 chilometri, ma per andare dall'una all'altra in treno è necessario percorrerne più del doppio in, mediamente, sei ore. Bisogna prima andare giù fino a Castelvetrano, e poi tornare su fino a Trapani.

A conti fatti: si parte alle 8.42 da Catania, in autobus, e si arriva alle 19 a Trapani, in treno. Cambiando a Caltanissetta Xirbi, Palermo Centrale, Piraineto e Castelvetrano. "Il treno non lo prende nessuno – afferma un operatore ferroviario trapanese, all'arrivo in stazione – Conveniva prendere il pullman". E perdersi, però, una traversata in slow motion.

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