Napoletanità: nel libro di Gigi Di Fiore la gioia e la condanna di vivere all'ombra del Vesuvio

Gigi Di Fiore è uno di quei pochi giornalisti che a Napoli si fregiano dell'onere e dell'onore della qualifica di «inviato speciale». Al Mattino lo è dal 1994 e da prima ancora è stato testimone di grandi e piccoli fatti della cronaca e della politica, napoletana e non solo. Al lavoro di cronista Di Fiore associa quello di saggista: "Napoletanità" (Utet) è il suo ultimo libro che ha come sottotitolo «dai Borbone a Pino Daniele viaggio nell'anima di un popolo».  Dai Borbone a  Goethe, da  Benedetto Croce ai sindaci dell'età contemporanera, da Massimo Troisi e Pino Daniele all'epopea Gomorra e alle guerre di camorra, Gigi Di Fiore in una intervista a Fanpage.it racconta Napoli dal suo punto di vista:  «È forse la città che più al mondo riesce a spaccare in due i giudizi sul suo conto: amore assoluto o odio incondizionato». La domanda ricorrente è sempre la stessa «Qual è l’anima profonda di questa città, caotica e sempre più affollata di turisti, oggetto misterioso e bersaglio di tanti pregiudizi?». Di Fiore prova a dare una risposta, scansando le frasi scontate e le espressioni divenute verità senza un effettivo riscontro.  Il viaggio appassionato alla ricerca di una napoletanità orgogliosa della sua storia e della sua cultura diventa dunque un atto d’amore privato e collettivo.