Con i fascisti sulla tomba di Mussolini: "Riapriamo i forni crematori. Se fa caldo è colpa dei neri"
pubblicato il 31 luglio 2019 alle ore 13:17
Mussolini nacque il 29 luglio del 1883, e oggi –a distanza di 136 anni – c’è ancora chi decide di festeggiare il suo compleanno. Sono i cosiddetti nostalgici del fascismo, e in alcuni casi anche delle camere a gas.
Per conoscere chi saluta con il braccio teso, e capire cosa pensano veramente coloro che considerano Mussolini “un mito”, sono stato a Predappio, luogo di nascita del Duce, per seguire il corteo che anche quest’anno ha celebrato il compleanno del dittatore. Il corteo è partito da piazza Sant’Antonio ed è arrivato al cimitero di Predappio, dove i parenti Mussolini per l’occasione avevano riaperto la cripta.
Fra saluti romani, e classifiche sui mali peggiori dell’Italia: “comunisti, omosessuali e neri”, spuntano ancora una volta “gli ebrei” e “i forni”. Non ho assistito a una cattiveria rivendicata, c’è – ed è forse peggiore – un senso di normalizzazione rispetto a quello che viene detto. Come se in fondo fosse normale, come se “il fascismo”, alla fine, fosse un’idea come un’altra e non un crimine. E’ questo che più di ogni altra cosa mi ha spaventato, insieme alla completa ignoranza della Storia: il non rendersi forse pienamente conto, quello che Hannah Arendt chiamava “la banalità del male”.
Per conoscere chi saluta con il braccio teso, e capire cosa pensano veramente coloro che considerano Mussolini “un mito”, sono stato a Predappio, luogo di nascita del Duce, per seguire il corteo che anche quest’anno ha celebrato il compleanno del dittatore. Il corteo è partito da piazza Sant’Antonio ed è arrivato al cimitero di Predappio, dove i parenti Mussolini per l’occasione avevano riaperto la cripta.
Fra saluti romani, e classifiche sui mali peggiori dell’Italia: “comunisti, omosessuali e neri”, spuntano ancora una volta “gli ebrei” e “i forni”. Non ho assistito a una cattiveria rivendicata, c’è – ed è forse peggiore – un senso di normalizzazione rispetto a quello che viene detto. Come se in fondo fosse normale, come se “il fascismo”, alla fine, fosse un’idea come un’altra e non un crimine. E’ questo che più di ogni altra cosa mi ha spaventato, insieme alla completa ignoranza della Storia: il non rendersi forse pienamente conto, quello che Hannah Arendt chiamava “la banalità del male”.
Per le riprese un grazie di cuore al mio collega Beppe Fanchini.
Saverio Tommasi
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