La storia di Miriam: "Sono tornata al Sud per coltivare i bachi da seta"
pubblicato il 9 gennaio 2019 alle ore 15:40
Erano rimasti tre ettari di terra abbandonati e un museo chiuso da tempo. Circa 3500 piante di gelso che ricordavano un passato di gelsibachicoltura glorioso. Miriam Pugliese, cresciuta nel nord Italia ma di origine calabrese, è voluta tornare lì tra quei terreni di San Floro, in provincia di Catanzaro, per rilanciare un’antica tradizione e creare una filiera virtuosa che oggi dà lavoro a 15 persone.
«All’inizio in un paese ci dicevano: voi siete pazzi», racconta. E forse è proprio grazie a quel pizzico di follia che da un sogno si è arrivati alla realtà. Dopo aver volato sui cieli di mezzo mondo, Miriam mette in tasca la sua laurea in lingue e la sua carriera di assistente di volo. Da Berlino, dove si era trasferita, fa un biglietto di solo andata per Lamezia Terme.
«A un certo punto ho pensato: con tutta la bellezza che abbiamo in Calabria, ma perché non possiamo creare sviluppo economico? Dove non c’è niente, vuol dire che si può costruire tutto. Perché andare in giro a fare gli schiavi, quando possiamo migliorare la nostra terra?», spiega Miriam.
In Calabria conosce Domenico che diventa il suo compagno e Giovanna. Insieme creano Nido di seta, una cooperativa dalla filiera etica dove non esistono macchine industriali ma solo braccia da lavoro. Un’impresa non facilissima.
«Abbiamo ottenuto i terreni in affitto dal comune e creato un sistema che collega 15 artigiani calabresi, soprattutto perché è molto difficile trovare qualcuno che sappia filare al telaio la seta, è molto delicata, non tutti si vogliono cimentare per paura di rovinarla».
E sarebbe un vero peccato perché per una sciarpa di seta occorrono quasi 400 ore di lavoro.
«La filiera inizia con l’allevamento del baco da seta, ci vogliono 28 giorni. I bachi sono delicatissimi devono mangiare molto e avere una temperatura idonea, soffrono gli sbalzi. I gelsi ci servono quindi sia per la foglia, che per il frutto che viene trasformato in confetture e liquori», dice l’imprenditrice.
C’è poi l’artigianato fatto di gioielli, accessori e abiti realizzati in collaborazione con atelier, ma c’è anche il museo con i telai e il turismo.
«Nido di seta non è solo una cooperativa, è un circuito che ha creato turismo, stiamo chiudendo il 2018 con 6500 visitatori da tutto il mondo».
E se si considera che San Floro conta appena 700 anime, il risultato è già grandioso.
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