Racket a Palermo, il coraggio di Daniele: "Ho denunciato la mafia, ho perso tutto e sono solo"
pubblicato il 16 dicembre 2018 alle ore 15:36
Questa è la storia di Daniele, un uomo che ha combattuto contro la sua paura più grande chiamata Cosa nostra. Ha realizzato il suo sogno di aprire un bar-ristorante a Palermo con tanti sacrifici, ma ha fatto i conti con la mafia e affrontato un processo che l'ha portato a far condannare i suoi estorsori. Più volte minacciato, ricattato, e infine costretto a chiudere la sua attività e di pagare il pizzo. Ma l’arroganza della criminalità mafiosa e l’indifferenza delle istituzioni hanno infranto le sue speranze e le sue certezze. Cresciuto a Brancaccio, un quartiere tristemente ricordato per la sua delinquenza, il rione dove la mafia ha ucciso don Pino Puglisi,
Daniele da piccolo non poteva scendere giù in strada a giocare con gli altri bambini, perchè mentre la sua famiglia semplice, cattolica e che viveva nella legalità, i vicini avevano uno o più parenti in carcere o agli arresti domiciliari, e la situazione nei dintorni del palazzo dove abitavano non era affatto tranquilla.
Lo spaccio era davanti casa, un'assurda normalità con la quale Daniele e la sua famiglia non volevano avere nulla a che fare ma che erano costretti a subire. Era il 2010 e Daniele, giovane ragazzo in cerca di lavoro, la disoccupazione lo spinse a diventare imprenditore nella sua amata città. Decise di aprire un bar-ristorante e nacque così "New Paradise", un paradiso del gusto per la gente palermitana.
Lo spaccio era davanti casa, un'assurda normalità con la quale Daniele e la sua famiglia non volevano avere nulla a che fare ma che erano costretti a subire. Era il 2010 e Daniele, giovane ragazzo in cerca di lavoro, la disoccupazione lo spinse a diventare imprenditore nella sua amata città. Decise di aprire un bar-ristorante e nacque così "New Paradise", un paradiso del gusto per la gente palermitana.
Nel 2011 inaugura il ristorante e si presentarono tantissime persone, tre giorni dopo iniziò l'incubo. Un sogno trasformato in tragedia. Il locale si trovava in una zona centralissima della città ma “calda”, via Principe di Scordia, in pieno Borgo Vecchio, da sempre enclave delle famiglie mafiose più influenti della città.
“Ho realizzato il sogno di aprire un bar e dopo tre giorni sono venuti tre uomini a chiedermi il pizzo. Ho pagato perché hanno minacciato di combinare un casino. Poi però ho denunciato tutto alla direzione distrettuale antimafia”. Dopo la denuncia, le forze dell’ordine hanno dato il via a un’operazione che ha portato all’arresto di diverse persone, tra le quali anche i suoi aguzzini.
“Ho realizzato il sogno di aprire un bar e dopo tre giorni sono venuti tre uomini a chiedermi il pizzo. Ho pagato perché hanno minacciato di combinare un casino. Poi però ho denunciato tutto alla direzione distrettuale antimafia”. Dopo la denuncia, le forze dell’ordine hanno dato il via a un’operazione che ha portato all’arresto di diverse persone, tra le quali anche i suoi aguzzini.
La notizia si è immediatamente diffusa e, da quel momento, il bar si è svuotato. “Il locale ha resistito un anno, ho cercato di fare il massimo, ma non c’è stato niente da fare e ha dovuto chiudere. “Mi ha aiutato Addiopizzo che mi ha fornito supporto psicologico e assistenza legale, una serie di persone che hanno vissuto esperienze simili alle mia. Restano aperti una serie di problemi, primo fra tutti il fatto che ho bruciato tutte le mie risorse in questa sfortunata attività e che adesso mi sono rimasti soltanto i debiti che senza un lavoro non riesco a pagare”. Oggi Daniele è impegnato in prima linea nella lotta contro la mafia. Dopo essere stato più volte minacciato ha denunciato il racket ma è rimasto solo in preda alla disperazione
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