Come nasce la Nutella? Viaggio nello stabilimento della Ferrero
pubblicato il 20 dicembre 2016 alle ore 17:34
E' una sorta di lunapark dei golosi, che ad Alba tutti chiamano affettuosamente la filanda. E' il Centro di ricerche Pietro Ferrero, nella capitale delle Langhe da cui l'azienda dolciaria ha deciso di partire per raccontarsi in occasione del suo 70esimo compleanno. E la vetrofania che ci ha accolto all'ingresso è un valido manifesto per capire dove tutto ha inizio.Qui la qualità è una specie di "ossessione" che naturalmente parte dalla selezione delle cinque materie prime alla base dei prodotti Ferrero: nocciole, latte in polvere, cioccolato, zucchero e olio di palma. La regola valida ancora oggi è quella del "sacco conosciuto", espressione cara a Michele Ferrero che è un altro modo per dire tracciabilità del prodotto fin dalle sue origini: nel sacco conosciuto c'erano le nocciole acquistate dal contadino delle Langhe di cui si sapeva tutto e che oggi contiene le storie dei contadini turchi, cileni, serbi.
Per il papà della Nutella "La qualità è la forma più pura di rispetto nei confronti del consumatore" che per lui era sempre e solo la signora Valeria, la mamma, la nonna, la zia che andava al supermercato a fare la spesa e non andava mai tradita. Di qui l'impegno a selezionare le nocciole garantendosi la qualità direttamente sul campo: del resto l'azienda di Alba ogni anno usa un terzo della produzione mondiale di questo frutto. Ma anche il latte in polvere, lo zucchero, l'olio di palma 100% garantito e certificato, o ancora il cacao con le 120 mila tonnellate acquistate ogni anno da Costa d'Avorio, Ghana, Nigeria ed Ecuador.
Tutto questo lo abbiamo ritrovato nello stabilimento di Alba, mentre una cascata di granella di nocciole tostate sommergeva i Ferrero Rocher, o mentre le linee di riempimento invasavano senza sosta uno dei due milioni di vasetti di Nutella che ogni giorno escono di qui. O ancora mentre le macchine assemblavano le cialde ripiene dei B-Ready. Bisogna lavorare di immaginazione per sentire il profumo che assedia le narici e stimola le papille man mano che ci si avvicina alle linee di produzione. Qui la presenza umana è discreta, gli operai fanno soprattutto lavoro di controllo, che è maniacale, "perchè - ci hanno raccontato - tutti i consumatori devono avere la stessa identica qualità".
Del resto anche l'organizzazione è lo specchio di questa "ossessione" per la qualità: gli operai lavorano su tre turni e al cambio turno, ci fanno notare, "c'è sempre il doppio della forza lavoro necessaria perché le macchine sono precise ma l'occhio umano vede".
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