Le 38 anime del disastro di Genova. Famiglie in vacanza, fidanzati e lavoratori: Non si può morire così
pubblicato il 16 agosto 2018 alle ore 16:00
C’era chi stava andando in vacanza, chi rientrava dal mare e chi invece era al volante per lavoro quando alle 11.30 di martedì 14 agosto una parte del ponte Morandi è crollato, trascinando giù per quasi cento metri auto e tir. Un tratto di A10 lungo duecento metri, all’altezza di Genova Voltri, che si è letteralmente sbriciolato per cause ancora da accertare. Fin dal primo istante che lì sotto ci sarebbero state decine di vittime: 38 i morti accertati, alcuni dei quali ancora da identificare. Negli ospedali di Genova, all’obitorio, nei punti di soccorso, continuano ad arrivare decine e decine di parenti di persone che non si trovavano più, di gente che voleva sapere, sperare. C’erano gli psicologi ad accogliere tutti, a trovare le parole per dire che non c’erano più speranze o che quel marito, quella sorella, quel figlio, era nell’elenco dei dispersi.
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