Donne calabresi contro la 'Ndrangheta, dalla tv alle procure
pubblicato il 3 marzo 2014 alle ore 22:46
La lotta alla 'ndrangheta passa anche per i mezzi di comunicazione e ha il volto delle donne di Fimmina tv, canale locale calabrese che racconta come si convive con l'ingombrante compagnia della mafia. Raffaella Rinaldis è il direttore. "Appartenere alla 'ndrangheta non ha un senso romantico che viene spesso romanzato, ma significa appartenere a qualcosa di disgustoso ed è questo che raccontiamo".Dagli studi televisivi all'amministrazione locale: Elisabetta Trìpodi è il sindaco di Rosarno, centro diventato famoso per gli scontri scoppiati quattro anni fa, scatenati dallo sfruttamento dei migranti. Per combattere la criminalità ha deciso di partecipare ai processi contro la mafia. "Subito dopo la mia elezione una serie di scelte amministrative forti, come costituirsi parte civile nei processi di mafia, lo sgombero della mamma di un boss da casa hanno fatto sì che ricevessi una lettera di minacce".Alessandra Cerreti è procuratore a Reggio Calabria: la sua strategia anti 'ndrangheta passa per le mogli, madri e sorelle dei mafiosi, che lavorano dietro le quinte: "La scelta delle donne che hanno collaborato con la giustizia ha come obiettivo principale donare un futuro di scelte libere ai propri figli".Finora solo una manciata di donne ha avuto il coraggio di parlare: pentirsi in questa terra vuol dire rischiare la vita.
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