Call center, i lavoratori accusano: "Cassa integrazione qui, lavoro a basso costo fuori"
pubblicato il 8 aprile 2013 alle ore 06:56
Un flash mob in quattro città - Roma, Napoli, Palermo, Catania - per dire no alle delocalizzazioni. Croazia, Slovenia, Albania: l'Europa dell'est è la meta preferita dalle compagnie telefoniche che, dopo aver esternalizzato i servizi di customer service per tagliare i costi, ora delocalizzano. Spostano, cioè, la produzione fuori dall'Italia, in paesi nei quali il lavoro costa meno e i salari sono molto più bassi. E se qui un operatore di call center italiano riceve in busta paga 700 euro netti per un part time, nei paesi dell'est bastano 200 euro circa. "Qui chiedono l'attivazione di cassa integrazione - denuncia Luigi Mercogliano, del coordinamento 'No alla delocalizzazione dei call center' e mentre usufruiscono delle misure, vanno a fare profitti all'estero, lasciando qui il loro mercato". Ad esempio: "Ci sono prodotti sempre più convenienti, come le varie tariffe 'relax'. E mentre noi ci rilassiamo, loro ci preparano il 'pacco alla napoletana'".
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