La vita precaria di noi insegnanti
pubblicato il 13 novembre 2012 alle ore 16:31
Di Gaia Bozza - Carmine Cerbera non ce l'ha fatta a sopportare un intero, lungo anno in attesa di lavorare. E il 2 novembre scorso si è tolto la vita. Era un insegnante di storia dell'arte, e aveva saputo che quest'anno non avrebbe ricevuto alcun incarico. Intanto, dal Parlamento ci fanno sapere che è stata eliminata la norma che nella legge di stabilità prevedeva il passaggio obbligatorio, per i docenti, da 18 a 24 ore settimanali. Con tagli draconiani e inevitabili a incarichi e supplenze a tempo. La situazione è già drammatica così. Gli insegnanti, una volta considerati (nel bene e nel male) una sorta di baluardo del posto fisso, negli ultimi dieci anni sono diventati flessibili, tanto flessibili che fanno su e giù per l’Italia inseguendo le ore di “spezzone” (così si chiamano le ore di supplenza che però non raggiungono l’orario di cattedra). Non solo questo: sulla testa dei docenti pende anche il ddl Aprea, che spinge sulla privatizzazione della scuola pubblica. E poi c’è il concorsone, con la carica dei 300mila per 11mila posti. Le vite dei precari si assomigliano un po’ tutte: ansia, attesa, depressione, rabbia sono gli ingredienti principali delle loro vite. Che sono, sempre un po’ di più, quelle di tutti noi.
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