Lirio Abbate al Festival del Giornalismo Giovane
pubblicato il 23 settembre 2012 alle ore 17:13
Youth Media Days. Lirio Abbate è intervenuto, insieme ai ragazzi di Radio Siani, all'incontro "Giornalismi Coraggiosi", raccontanodo la sua esperienza personale di giornalista investigativo sotto scorta. Nell'intervista a margine dell'incontro, il giornalista de l'Espresso ha puntato il dito contro quei magistrati che cercano di spaccare quel fronte antimafia che è cresciuto e si è consolidato sull'esperienza delle stragi, per poi tuonare contro la "forza oscura" della politica che attanaglia anche l'Associazione Nazionale Magistrati, determinandone i vertici degli uffici giudiziari. Angora oggi, sottolinea il giornalista, "la politica ha una parte preponderante all'interno della magistratura, anche pilotando certe toghe". L'intervista si apre sulla riflessione che riguarda il rapporto tra mafia e informazione: "da diversi anni la mafia è uscita fuori dalle pagine dei giornali, proprio quando le inchieste giudiziarie hanno cominciato a coinvolgere la politica. Oggi si torna a parlare di collusioni ma senza centrare il problema: la mafia da fastidio perchè la politica vuole essere lasciato fuori. Quando parliamo di gente che spara sono tutti contenti di raccontare e anche di fare inchieste, ma quando tocchi il livello superiore tutti prendono le distanze, anzi, si fa fatica a raccontarle sui giornali". Alla richiesta di quanto sia concreto il ritorno ad una stagione di stragi, Lirio Abbate risponde di non essere in grado di prevedere un'eventuale rottura degli equilibri, ma di certo "le mafie continueranno ad allearsi con chi vince a destra o a sinistra". Se dovessero ancora concretizzarsi voti di scambio, "il lavoro fatto dalla magistratura e da chi denuncia sarà stato vano". Il giornalista antimafia si rivolge poi ad Antonio Ingroia, augurandosi che il magistrato non decida di candidarsi lasciando la magistratura per la politica. "Sarebbe una mossa che butterebbe ombre sulla magistratura". Lirio Abbate conclude l'intervista parlando di se, della sua esperienza di giornalista sotto scorta che cerca di continuare a fare il proprio lavoro al meglio, cercando di non spaventare i colleghi, gli amici e la famiglia. "Un paese dove anche un giornalista precario che prende tre euro ad articolo deve rischiare la vita, non è un paese civile e occidentale".
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