Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, qualcuno Siria. E attraversano l'Iraq, l'Iran, la Turchia, poi la Grecia, la Macedonia, la Serbia, infine la Bosnia-Erzegovina. È lì che il viaggio dei migranti sulla rotta balcanica si interrompe bruscamente: i confini con la Croazia sono sorvegliati da migliaia di uomini. Agenti di polizia e dei corpi speciali, torrette di avvistamento, droni a setacciare dall'alto i boschi. Tentare di superarli lo chiamano the game: il gioco. Ci provi, ci riprovi. E poi se ce la fai hai vinto tutto, hai vinto l'Europa.
Molti migranti raccontano i respingimenti violenti, mostrano le ferite su corpi magrissimi e vivono in fabbriche abbandonate o in case diroccate. Dai campi bosniaci scappano per il freddo e le condizioni di vita: a Lipa, nei pressi di Bihac, dentro alle tende si vive in trenta e ci si scalda con stufe alimentate a gasolio. All'esterno la neve si somma ad altra neve e i -10 gradi fanno ghiacciare perfino il contenuto delle scatolette di pollo.