Sigillo, impresa rosa dietro le sbarre del carcere di Rebibbia
pubblicato il 6 giugno 2013 alle ore 14:40
Il made in Italy finisce dietro le sbarre, per una buona causa. Laboratori sartoriali in carcere da tempo sono una realtà, dove le detenute realizzano manufatti di piccola pelletteria e prodotti artigianali di qualità. Tante microrealtà che ora hanno un coordinamento. Sotto l egida del Ministero di Grazia e Giustizia, con il patrocinio di AltaRoma, è nato Sigillo, una sorta di marchio di garanzia del lavoro in prigione.La sfida è ricucire il futuro con ago e filo come spiega una detenuta nigeriana di Rebibbia. "Quando esco voglio fare una vita tranquilla e con questo lavoro sono sicura che andrà tutto a posto, perchè ho imparato tante cose". In Italia le detenute sono quasi 3.000 e più della metà sa cucire ma soltanto il 5% può contare su vere opportunità lavorative, come spiega Daniela Arronenzi responsabile del negozio Sigillo di Rebibbia. "Certo il carcere è un luogo di problemi, c'è il sovrafollamento, ci sono i tagli, però c'è anche quest'altra parte".Sigillo punta a coinvolgere un numero sempre maggiore di detenute, le donne vengono regolarmente stipendiate dalle cooperative sociali, circa 500 euro al mese, per recuperare, attraverso il lavoro, dignità e futuro.
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